IL CARBONE SULLA CHIAPPA, I SEGRETI DELLA DEA VENERE E IL MACELLAIO FURBASTRO
Dai racconti apocrifi di Giacomo Casanova. A Venezia, Repubblica laboriosa e tranquilla dove ognuno pensa ai casi suoi e Dio provvede, c’era un certo macellaio dal petto pieno di pelo al quale si leggeva in viso, scuro di sole e di voglia, un’indifferenza birbona, tenuta sveglia da un desiderio fanciullesco di piacere. Aveva un’imperiosità sbrigativa da fratacchione, ma all’occorrenza sapeva essere uomo di mondo; era nella ragione stessa delle cose, insomma, che le clienti finissero per confidarglisi. Le più lamentavano l’ardore dei mariti: latitava. “Se solo incontrassi l’uomo che mi ci vuole!” dicevano nei momenti d’abbandono, le ciglia languide; ma poi subito si ripigliavano. Con un audace giro di braccio, il macellaio offriva alle querule la propria compagnia; quelle nicchiavano, preferendo soffrire, piuttosto; e al macellaio non restava altra parte in commedia che quella del confessore. Un bel giorno ebbe un’ispirazione. Disse al serraglio: “Ho scoperto un segreto che fa miracoli sui giochi dell’amore. Ve lo dirò solo se, ottenuto il risultato, concederete anche a me i favori di cui godono i vostri mariti immeritevoli”. Qualcuna accettò lo scambio. “È il rimedio che usavano le vostre bisnonne per eccitare il consorte”, raccontò loro. “Si tracciavano una x su una chiappa con un pezzo di carbone, perché la vista di questo segno nero ha sugli uomini un effetto afrodisiaco. Insospettabile, ma funziona: mia moglie l’ha provato con me”. Le donne promisero: avrebbero seguito le sue istruzioni, e l’avrebbero ricompensato in caso di riuscita. La vita stava per cambiare, gongolò intimamente il macellaio. Le avvertì: “Ci vorranno diverse notti prima che il vostro coniuge se ne accorga, ma siate pazienti e otterrete il frutto”. Lo stesso giorno ne cercava in piazza i mariti: disse a tutti che il terribile fantasma del conte di Caiazzo l’aveva fatto becco, marchiandogli poi la moglie col suo simbolo, una x di carbone tracciata sul sedere. Lo sbeffeggiarono sguaiati: era forse ubriaco? Ma il macellaio inzigava: “Non riderete quando il fantasma marchierà vostra moglie, amici miei. Se non prenderete quel segno come un avvertimento, e non vi disporrete al sesso con maggior lena, il fantasma tornerà e tornerà, finché non porterete in capo tante corna quante ne porto io”. Nuovi sghignazzi accolsero il discorso. Il macellaio fu risoluto: “Poi non dite che non vi ho avvertito”. Quella notte, a letto con la moglie, uno di quei mariti stava ancora ridendo fra sé e sé del beccaio fatto becco quando la sua curiosità ebbe la meglio. Gettò il cuscino della donna sul pavimento, come per gioco, e mentre lei si piegava a raccoglierlo le guardò il posteriore, dove, con sgomento, vide la nera x. La cosa non mancò di dargli fastidio. “Cos’è quella x che hai sul culo?” le domandò. E la moglie, con due occhietti interrogativi: “Non so di cosa stai parlando, marito mio”. A queste parole, un altro po’ quello pigliava foco: la moglie stava di certo mentendo; il fantasma, della cui esistenza aveva dubitato quel pomeriggio, aveva davvero colpito. Memore del monito, la prese dunque con vigore, sfogando la rancura. La stessa scoperta fu fatta dagli altri, e anche loro, pari a tauri, irruppero dove più alla cieca Venere piace. Tutti, al momento opportuno, ringraziarono il macellaio del consiglio salvatore; e le mogli non solo: si lasciarono servire. A rivederle qualche tempo dopo chi le avrebbe riconosciute? Raggianti e serene, le scollature trionfali, non avevano assolutamente niente a che vedere con le prime. Pure quel birbaccione del macellaio pareva ringiovanito. Il gusto della varietà fa saporito il mangiare, allegro il vedere, beato lo stare al sole. Purtroppo si vive una volta sola. Francamente, è poco.