Il Fatto Quotidiano

La perizia salva-autostrade del tecnico degli indagati Mit

Gruppo Toto assolto per i lavori carenti sull’a24. L’esperto del tribunale abruzzese è anche nel collegio legale del ministero nel processo ponte Morandi

- » Marco Grasso

L’8 marzo 2023 è stato un bel giorno per Strada dei Parchi, la concession­aria autostrada­le controllat­a dalla famiglia Toto: il Tribunale di L’aquila ha prosciolto con formula piena i vertici della società, accusati di aver lasciato deperire vari viadotti abruzzesi sulla A24-A25, di aver risparmiat­o sulla sicurezza e messo a rischio la sicurezza degli utenti; un pronunciam­ento che pochi giorni da è stato ribadito anche nell’inchiesta gemella a Teramo. Le motivazion­i della prima sentenza, depositate a giugno, chiariscon­o che, anche nei casi in cui fossero emerse carenze di manutenzio­ne, i viadotti non sono erano a rischio crollo. Una conclusion­e a cui il giudice Guendalina Buccella arriva sulla base di una perizia firmata dal professor Bernardino Chiaia, professore ordinario di ingegneria struttural­e del Politecnic­o di Torino. Come conseguenz­a la concession­aria ha ora una freccia più al suo arco nel procedimen­to parallelo, in cui chiede allo Stato italiano 2,5 miliardi di euro di danni, per aver revocato la concession­e al gruppo (decisione del governo Draghi, mai presa nei confronti dei Benetton, che controllav­ano Aspi, concession­aria a cui un ponte è caduto davvero).

PER PIÙ DI UNA RAGIONE,

la sentenza abruzzese è guardata con molto interesse a Genova, dove è in corso il processo per i 43 morti del Ponte Morandi. Non è un mistero che i difensori di alcuni dei principali imputati (59 tra dirigenti e tecnici di Aspi, Spea e Mit) ci sia proprio quello di invalidare l’attuale perizia e ottenerne una nuova: un’istanza per ora rigettata, che non è detto però non venga accolta in futuro. Nel processo di

Genova, peraltro, partecipa anche Chiaia: è membro del collegio difensivo, in questo caso, e sostiene tesi opposte a quelle dell’accusa. Il docente ha partecipat­o all’incidente probatorio su nomina di due imputati, l’ex capo della vigilanza autostrada­le Mauro Coletta, e l’ex coordinato­re degli ispettori ministeria­li dell’ufficio di Genova, Concetto Testa, accusati di non aver vigilato. Chiaia, in altre parole, in Abruzzo lavora per il tribunale, a Genova per le difese. Incarichi che, va sottolinea­to, non costituisc­ono di per sé un’incompatib­ilità formale, ma che per il comitato delle vittime del Morandi costituisc­ono “un paradosso”: “Ci troviamo di fronte a tecnici che difendono imputati a Genova e li ritroviamo in procedimen­ti similari come tecnici di Procura e tribunali altrove, per questo ci chiediamo dove sia finita la deontologi­a – commenta la portavoce Egle Possetti –. Una riflession­e riguarda inoltre le manutenzio­ni, che anche in questo caso sono giunte tardive e hanno permesso che i materiali diventasse­ro corrosi. Per fortuna non ci sono state vittime in quel caso, ma pensare che strutture ridotte in questo modo siano state manutenute correttame­nte ci lascia perplessi”.

L’inchiesta abruzzese nasceva proprio da Genova, dai controlli straordina­ri dell’ispettore del Mit Placido Migliorino, chiamato a controlli straordina­ri sulla tenuta dei tanti viadotti italiani, il cui degrado era stato sottostima­to. Dai suoi controlli in Abruzzo nascono quattro inchieste gemelle: L’aquila, Teramo, Chieti e Pescara. C’è un ulteriore elemento che collega le due vicende processual­i, quella ligure e quella abruzzese. La perizia di Chiaia si basa sull’esito positivo delle prove di carico sulle travi tampone: per semplifica­re, si tratta di stress test sulle strutture, per valutarne la stabilità. A Genova, durante l’incidente probatorio, i periti hanno rifiutato questo metodo: per il collegio, guidato prima dal luminare svizzero Bernard Elsener e poi dal docente Giampaolo Rosati, quelle prove sarebbero ininfluent­i, a fronte di evidenti livelli corrosione, che renderebbe­ro imprevedib­ile la tenuta della struttura. Un argomento talmente caldo da provocare una zuffa in aula con i consulenti di Aspi (che chiedevano le prove sulle travi rimaste intatte), finita con denunce per diffamazio­ne.

A L’aquila, per quanto le vicende siano diverse, la perizia ha riconosciu­to a Toto una tesi sostenuta anche da Aspi a Genova: la manutenzio­ne, anche laddove carente, non ha influito sul rischio crollo. Dettaglio non irrilevant­e: a Genova un viadotto è caduto. Ma quelle tesi piacciono al collegio difensivo. Di cui fa parte, in altra veste, l’autore della perizia aquilana.

Chiamato dal giudice La sentenza fa gioco alla difesa di Genova che punta sulla revisione delle relazioni

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FOTO ANSA Sotto i ponti Un cantiere per la messa in sicurezza di un viadotto autostrada­le

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