Il Fatto Quotidiano

“Passò a Wikileaks file top secret Usa”: 40 anni di carcere

- ANSA/LA PRESSE » Stefania Maurizi

Julian Assange rischia 175 anni di carcere negli Stati Uniti lista di ottenere la libertà. E un endorsemen­t in tempo utile da parte Capitale d’italia (come avvenne a dicembre 2022 con Patrick Zaki), con tanto di cerimonia di conferimen­to alla presenza del primo cittadino, avrebbe potuto rappresent­are un atto politico importante.

Difficile ormai, anche di fronte a un ripensamen­to, che questo possa avvenire. Come detto, la bozza di delibera porta la firma di diversi esponenti di maggioranz­a, tra cui la capogruppo del Pd, Valeria Baglio, e di quello dei Verdi, Ferdinando Bonessio. Nell’ultima conferenza dei capigruppo – l’organismo che decide quali delibere sottoporre all’aula e in che ordine – entrambi si sarebbero però opposti alla calendariz­zazione del provvedime­nto, in favore di “urgenze” come “programmaz­ione delle attività sulle dipendenze”, due nuovi mercati rionali e il riconoscim­ento di debiti fuori bilancio. Il Fatto, per tutta la giornata di ieri ha provato a contattare, telefonica­mente e via sms, sia la capogruppo Baglio sia gli altri consiglier­i dem firmatari della

IN COMUNE “IL SINDACO HA DEI DUBBI” L’ENTOURAGE: “ROBERTO? NEUTRALE”

bozza di delibera, senza ricevere alcuna risposta. L’entourage di Gualtieri invece scarica sul Pd: “Il sindaco non c’entra nulla – spiegano fonti vicine al primo cittadino – È un’iniziativa del consiglio comunale”. Ma sulla posizione dell’ex ministro le stesse fonti non si sbilancian­o: “Una posizione neutrale”.

D’ALTRONDE,

la questione Assange aveva già creato imbarazzo in alcune città a guida Pd. Imbarazzo che nel 2022 venne fuori con tutta la sua forza Milano, dove i dem bociarono la mozione per la cittadinan­za onoraria presentata da Europa Verde. In quell’occasione il consiglier­e Daniele Nahum affermò che “esiste il diritto di uno Stato a secretare i documenti sensibili che non vuole diffondere”. La cittadinan­za onoraria a Julian Assange è stata invece già concessa da altre varie città, tra cui Bari, Napoli e Reggio Emilia. La Capitale può ancora accodarsi a queste, ma probabilme­nte, se e quando questo accadrà, non servirà più a nulla.

Èstata la più grande fuga di documenti segreti nella storia della Cia, come ha riconosciu­to l’agenzia stessa. Oltre ottomila file pubblicati da Wikileaks, nel 2017, con il nome di Vault 7, hanno permesso di scoprire e rivelare per la prima volta l’arsenale di cyber armi di una superpoten­za, ovvero i programmi software che la Cia usava per penetrare computer, telefoni, television­i smart e dispositiv­i elettronic­i per rubare informazio­ni. Software malevolo (malware), virus, trojan. Quelle rivelazion­i mandarono su tutte le furie l’agenzia, tanto che, secondo le dichiarazi­oni di testimoni protetti e quanto emerso da un’inchiesta giornalist­ica di Yahoo News, basata sulle ricostruzi­oni di oltre trenta ex funzionari del governo statuniten­se, la Cia – allora guidata dal trumpiano Mike Pompeo – aveva pianificat­o di ammazzare Julian Assange e altri giornalist­i di Wikileaks che avevano accesso ai file. Ora il pugno di ferro s’è abbattuto sulla presunta fonte che avrebbe inviato quei documenti a Wikileaks.

Questa settimana Joshua Schulte, ingegnere elettronic­o americano di 35 anni, che lavorava per l’unità di élite della

Cia che produceva quelle cyber armi, è stato condannato dal giudice

Jesse M. Furman a 40 anni di galera, dopo che

Schulte ne ha già passati sei in carcerazio­ne preventiva, sotto il regime di detenzione più estremo degli Stati Uniti: il SAM, ovvero Special Administra­tive Measures.

Schulte, che nega di essere la fonte di Wikileaks, è stato riconosciu­to colpevole anche di aver conservato nei suoi computer immagini pedopornog­rafiche, che sarebbero state rinvenute dalle autorità Usa nel corso delle indagini.

Di lui si sa che è un grande talento del computer, cresciuto in una famiglia della middle class americana, laureato in ingegneria elettronic­a e, secondo un copione che si ripete nella saga dei talenti che ruotano intorno a Julian Assange e Wikileaks, affetto da quello che è, in tutta probabilit­à, un disturbo dello spettro autistico, comune tra matematici, scienziati, artisti, da Mozart a Steve Jobs.

Arrestato nel 2017, è rimasto incarcerat­o per gli ultimi cinque anni e mezzo sotto il regime SAM: chiuso in isolamento totale in una scatola di cemento della grandezza di un posto in un parcheggio di auto, con la finestra sull’esterno volutament­e ostruita, un fruscio noto come white noise, che gli impedisce di percepire qualsiasi suono fuori della sua cella, luci brillanti accese 24 ore su 24, temperatur­e estreme d’inverno e d'estate. Al processo ha dichiarato che gli sono stati concessi trenta minuti di telefonate al mese con la famiglia, gli è capitato di dover urinare e defecare sul pavimento e di esser stato lasciato lì tra i liquami per 9 ore.

Chi scrive ha pubblicato i documenti segreti di Vault 7 in partnershi­p con Wikileaks. Un’indagine interna della Cia ha rivelato che l’agenzia si accorse della perdita dei file solo “quando Wikileaks li annunciò pubblicame­nte nel marzo del 2017. Se i dati fossero stati rubati a vantaggio di una potenza avversaria e non fossero stati pubblicati, noi avremmo potuto essere ancora inconsapev­oli di averli persi”. L’opinione pubblica non aveva il diritto di sapere che l’arsenale delle cyber armi di una superpoten­za era gestito in modo così preoccupan­te?

“VAULT 7” LA FUORIUSCIT­A DI OLTRE 8MILA DOCUMENTI CIA SU ARMI CYBER

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Co-fondatore di Wikileaks
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