Razzismo allo stadio Poche mele marce? Come no: per un tifoso su 5 è “normale”
Quante volte avete letto o sentito dire che i cori e gli insulti razzisti allo stadio sono dovuti a una “sparuta minoranza” di tifosi, a quattro gatti che nulla hanno a che spartire col resto degli altri tifosi? Vi è capitato spesso? Ebbene, non è forse una bella notizia ma se non altro è vera e ha il merito di spazzar via decenni di narrazione ipocrita sul tema “razzismo e dintorni” nei nostri stadi: il 18% degli italiani, cioè quasi uno su cinque, ritiene che le provocazioni e le offese razziste siano un fatto normale, un elemento connaturato al tifo e che non ci sia nulla di male sia nell’“insultare un giocatore per la sua nazionalità o le sue origini etniche”, sia nel “dire a un giocatore zingaro o ebreo”, sia nel “fare il verso della scimmia o lanciare banane ai giocatori di colore”.
E sono il 20%, esattamente un italiano su cinque, quelli che non concordano sul fatto che “andare allo stadio dovrebbe essere un momento di divertimento e di relax per tutti e dovrebbero essere evitati tutti i comportamenti offensivi”; per il 12%, infatti, “tifare dal vivo è un modo per sfogare lo stress della vita di tutti i giorni per cui è normale che ci si lasci a volte andare”, mentre l’8% ritiene che “allo stadio è tutto concesso: è giusto che i tifosi vivano le partite con intensità e si lascino andare”.
Bisogna dire grazie a SWG, istituto di ricerche di mercato e di opinione, per questo sondaggio compiuto su un campione considerato rappresentativo di 800 persone: perché il quadro che ne esce è chiaro, disarmante e fa giustizia – demolendola – della falsa teoria delle poche “mele marce” che “nulla hanno a che fare” con la stragrande maggioranza dei tifosi. Si tratta di una balla sesquipedale e chiunque sia stato in uno stadio, non necessariamente a Verona, Bergamo o Udine, lo sa perfettamente. Dal sondaggio emerge addirittura che un italiano su due considera normale insultare la propria squadra se perde, intimidire gli avversari e insultare gli arbitri.
Ma restando in tema di razzismo e discriminazione territoriale: davvero c’è qualcuno che si meraviglia di tutto ciò? Pochi lo sanno, ma nel dossier di 84 pagine “Colour? What colour? Relazione sulla lotta contro la discriminazione e il razzismo nel calcio” presentato dalla Juventus nella sede dell’unesco a Parigi il 27 novembre 2015, la conclusione cui il club bianconero giungeva era che estirpare il razzismo dagli stadi era impossibile: e che però non bisognava farne un dramma. “Un approccio pragmatico – scriveva la Juventus – suggerisce che l’insulto collettivo basato sull’origine territoriale sia difficilmente sradicabile con l’applicazione di veti e sanzioni” perchè “i tifosi semplicemente non capiranno e diventeranno meno ricettivi sulla necessità di disciplinarsi nell’uso di un vocabolario discriminatorio, sessista o razzista (…) In conclusione, la decisione più saggia sulla discriminazione territoriale consiste forse nel tollerare queste forme tradizionali di insulto catartico” (dal vocabolario Treccani: “Catartico: pacificante, purificatorio, rasserenante”).
Nessun rimedio, quindi? Nient’affatto. “Lo humour – suggeriva la Juventus – costituisce una risposta di grande efficacia. Le reazioni spiritose, come quella di Dani Alves riportata nel paragrafo 2-4 (al lancio di una banana il giocatore brasiliano del Barcellona rispose sbucciandola e mangiandola, ndr) hanno un impatto positivo sotto diverse angolazioni”.
Concludendo: sei nero e ti tirano una banana? Mangiala. E il problema-razzismo è risolto. Elementare Watson!
C’ERANO UN FRANCESE,
In un pezzo sul Corriere della Sera, all’indomani della morte di Vittorio Emanuele, leggiamo innamorati vaticini sul futuro della Real Casa: “Adesso la nuova erede di Casa Savoia ha occhi profondi, capelli lunghi e il passatempo (l’italiano non è uguale per tutti, ndr) di posare da indossatrice (très chic, ndr), studi tra Londra e Parigi (mica a Ladispoli, ndr) . Era in prima fila alle sfilate di Dior a Parigi, con mamma Clotilde. Gli occhi di Vittoria di Savoia (l’italiano non è uguale per tutti, part II). Nata il 28 dicembre 2003 a Ginevra ha conosciuto presto l’italia dalla quale papà Filiberto, nonno Vittorio e il bisnonno Umberto II sono invece rimasti lontani per anni. Per l’esilio che dal referendum Monarchia-repubblica del giugno 1946 impedì loro di rientrare in patria per 57 anni (l’italiano non è uguale per tutti, part III). Vittoria è stata battezzata nella basilica di Assisi il 30 maggio 2004, per amore dei Savoia per l’italia e perché Vittoria ha per secondo nome anche quello di Chiara, il nome della Santa che ad Assisi è celebrata (preghiamo, ndr). Cresciuta tra Ginevra, Montecarlo, Francia e Italia, studia a Parigi (repetita juvant, ndr). Nel 2020 Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto avevano anticipato al Corriere (transennate le edicole, ndr) la decisione, comunicata per scritto alle sorelle dopo una telefonata in serata, alla Consulta dei senatori del regno e agli Ordini dinastici (inserto comico, ndr), un cambio delle regole di successione. Dunque, dopo Emanuele Filiberto che con la morte del padre ora guida il casato, la prima in linea di successione ora è Vittoria, 20 anni. Può suonare anacronistico anche parlare di successione al trono, in una Repubblica, ma i Savoia ci sono ancora e vogliono innovarsi”. Non è che sia “anacronistico” parlare di successione, è proprio ridicolo.
un tedesco e un messicano.dice che la sua memoria “è a posto”: l’uomo più potente del mondo libero (a loro piace definirlo così, ma che volete, so’ americani) convoca la stampa alla Casa Bianca per attaccare il procuratore speciale Robert Hur, il quale lo ha scagionato non senza criticare la gestione delle carte secretate e pure la “grave smemoratezza” senile. Ma nella conferenza stampa in cui il presidente degli Stati Uniti afferma di non essere affatto “rimbambaiden”, scivola sull'ennesima “gaffe” confondendo il presidente egiziano Al Sisi con quello messicano. Ed è la terza volta in tre giorni consecutivi, dopo aver scambiato Macron con Mitterrand e Merkel con Kohl (manca solo Sunak con la Tatcher). Come si dice in inglese “presidente è il momento dei giardinetti”?