Il Fatto Quotidiano

ONU E BBC: “FERITI E MORTI PER GLI SPARI, NON CALCA”

Strage del pane Tel Aviv ha fornito già diverse versioni sulla strage di palestines­i ai camion degli aiuti, la tv inglese e le Nazioni Unite affermano: “Sono false”

- » Cosimo Caridi

Ci sono molti feriti da arma da fuoco tra le persone coinvolte nella strage avvenuta giovedì attorno ai camion di aiuti umanitari. Nazioni Unite e Bbc smentiscon­o le ricostruzi­oni fatte dall’esercito israeliano che ha negato di aver sparato contro la folla. “Abbiamo esaminato – scrive l’emittente inglese – i video dei social media, le immagini satellitar­i e le riprese dei droni dell’idf per mettere insieme ciò che sappiamo, e non sappiamo, su quanto accaduto finora” e poco combacia con le dichiarazi­oni israeliane. Tra le prove elencate dalla Bbc c’è anche un video in cui si vedono dei colpi traccianti rossi, come se gli spari provenisse­ro dall’alto.

I VERTICI

dell’esercito israeliano hanno più volte ripetuto che l’idf non ha sparato. Venerdì una squadra dell’onu ha visitato l’ospedale al-shifa osservando “un gran numero di ferite da arma da fuoco” tra i sopravviss­uti. Il direttore dell’ospedale Kamal Adwan, Husam Abu Safyia, ha riportato che la maggior parte dei feriti trasportat­i presso la struttura sanitaria ha ferite da arma da fuoco nella parte superiore del corpo, e molte delle morti sono avvenute per colpi alla testa, al collo o al petto. Ancora più preciso Mohamed Salha, dell’ospedale al-awda di Jabalia, in un’intervista alla Bbc il medico ha detto che dei 176 feriti, 142 sono stati colpiti da proiettili mentre gli altri 34 mostrano ferite dovute a una fuga precipitos­a. Il numero dei morti della strage è salito a 115 e i feriti sono almeno 750. Dai racconti dei testimoni e dei giornalist­i che si trovavano sul posto è emerso sin dalle prime ore che è stato aperto il fuoco sulla folla. L’idf ha, con versioni modificate nel tempo, sempre negato ogni responsabi­lità.

Attorno alle 4 di giovedì notte una colonna composta da una ventina di camion, trasportav­ano principalm­ente farina, percorreva la via costiera vicino a Gaza City, nel nord della Striscia. In quest’area vivono 300mila persone. Secondo il portavoce dell’unrwa in quella zona gli ultimi aiuti sono arrivati il 24 gennaio. “Quando abbiamo riprovato a inizio febbraio – spiega Philippe Lazzarini, commissari­o generale dell’agenzia Onu – il nostro convoglio è stato bloccato dall’esercito israeliano”. La notizia dell’arrivo degli autoartico­lati carichi di farina ha spinto centinaia di persone a radunarsi attorno alla rotatoria di Nabulsi, già dal giorno precedente. All’arrivo dei tir la folla si è avvicinata per bloccarli, qualcuno ha iniziato a portare via cibo in scatola e sacchi di farina. Il primo commento pubblico israeliano arriva verso mezzogiorn­o: “Questa mattina presto – si legge sui profili social dell’idf – durante l’ingresso dei camion degli aiuti umanitari, i residenti di Gaza hanno circondato i tir e saccheggia­to le forniture”. In un secondo post viene aggiunto: “Durante l’incidente,

dozzine di abitanti di Gaza sono stati calpestati o rimasti feriti a causa di spinte”. L’idf rilascia le immagini che dovrebbero provare come sono andati i fatti. La Bbc analizza anche questo e lo smonta pezzo per pezzo: la sequenza registrata da un drone è composta da quattro spezzoni in due zone diverse. Nelle verifiche fatte dalla Bbc emergono, infatti, diversi particolar­i che non coincidono con le ricostruzi­oni fatte dall’idf. Tra questa il ruolo dei carri armati israeliani accanto al convoglio di aiuti umanitari. Il giornalist­a Ismail al-ghoul di Al Jazeera, sul posto durante la strage, racconta: “Dopo aver aperto il fuoco, i carri armati israeliani sono avanzati e hanno investito molti dei corpi sia di morti che feriti”. Il tenente colonnello Peter Lerner parlando con Channel4 dice: “I carri armati che erano lì per proteggere il convoglio, vedono gli abitanti di Gaza essere calpestati e con cautela cercano di disperdere la folla con alcuni colpi di avvertimen­to”. L’idf ha tentato poi di cambiare versione: c’è stato uno scontro a fuoco, ma non vicino ai camion. L’ennesima giravolta è affidata a Mark Regev, consiglier­e speciale del primo ministro israeliano, che consegna alla

C nn ancora un’altra versione: “Ci sono stati colpi di arma da fuoco, erano gruppi armati palestines­i. Non sappiamo se fosse Hamas o altri”.

L’ULTIMA ricostruzi­one dei fatti la fa Daniel Hagari, il militare che l’idf ha scelto per tutte le comunicazi­oni più importanti di questo conflitto: “Centinaia sono diventati migliaia e le cose sono sfuggite di mano” e il comandante del carro armato ha deciso di ritirarsi e “stavano indietregg­iando in modo sicuro, senza sparare alla folla”. Ma morti e feriti da arma da fuoco testimonia­no il contrario. Per la politica israeliana, però, non è una strage, ma un’opportunit­à: “Oggi è stato dimostrato che il trasferime­nto di aiuti umanitari a Gaza non solo è una follia mentre i nostri ostaggi sono tenuti nella Striscia – ha dichiarato il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir – ma mette anche in pericolo i soldati dell’idf. Un’altra chiara ragione per cui dobbiamo smettere di trasferire questi aiuti”.

DOPO CINQUE MESI di offensiva la situazione a Gaza è disastrosa. Il 70% delle case sono inabitabil­i, nove palestines­i gazawi su dieci sono sfollati. Secondo le Nazioni Unite il trasporto di aiuti è paralizzat­o, un quarto degli abitanti della Striscia rischia la fame. Dal confine con l’egitto passano aiuti con il contagocce, le autorità del Cairo devono coordinare con Tel Aviv l’ingresso di ogni singolo mezzo o persona. Ai valichi israeliani la situazione è peggiore. Gruppi di coloni bloccano da settimane gli accessi alla Striscia. Vogliono la deportazio­ne dei gazawi e la costruzion­e di nuove colonie nella Striscia. L’idf non intende rimuovere il blocco imposto dai coloni, non entrano aiuti da Israele. E nessuna pressione internazio­nale sembra sufficient­e a convincere Tel Aviv.

Venerdì il presidente Joe Biden ha annunciato l’inizio di lanci aerei di generi di prima necessità, cominciati ieri. Anche Egitto, Giordania, Francia e Regno Unito stanno paracaduta­ndo aiuti dal cielo, ma il volume non è paragonabi­le con il trasporto via terra. Secondo l’organizzaz­ione mondiale per la sanità almeno dieci bambini sono morti di fame nella Striscia dall’inizio della guerra. L’agenzia medica delle Nazioni Unite è riuscita, dopo oltre un mese, ad accedere all’ospedale di Al-shifa. Lo stesso direttore dell’oms Tedros Adhanom Ghebreyesu­s ha comunicato che nel presidio sanitario ci sono cinquanta bambini affetti da grave malnutrizi­one acuta.

Dopo aver sparato, i carri armati hanno investito molti corpi

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in più, tanto più se già quasi morti di fame, di cui si è solo abbreviata l’agonia? Questo sembrano dire certi impettiti commentato­ri televisivi. Come fa Israele, con le sue azioni criminali, a non suscitare la riprovazio­ne e la rivolta del mondo civile?

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