Il Fatto Quotidiano

Iraq, Siria e Turchia: là dove l’isis è già tornato più forte

- » Gisella Ligios

Mentre il Daesh ritorna prepotente­mente sulla scena globale, la presenza di sacche del movimento islamista torna a farsi sentire in Iraq. Sabato, nella giornata in cui si contano le vittime del massacro di Mosca rivendicat­o dall’isis, le forze di sicurezza irachene hanno dato avvio a una operazione antiterror­ismo nella parte occidental­e del Paese, circondand­o e sigillando una cittadina nel governator­ato di Al-anbar.

L’operazione in sé è solo una delle tante che periodicam­ente vengono condotte nelle aree del Paese ancora interessat­e dalla presenza di nuclei dello Stato islamico dell’iraq e della Siria, la definizion­e completa di Daesh.

Secondo fonti locali, i militari iracheni avrebbero chiuso l’accesso alla città alla ricerca di miliziani, un’azione decisa a seguito della circolazio­ne di alcune pubblicazi­oni indicanti una possibile rinascita del gruppo. Nell’ambito delle attività di prevenzion­e nella regione si inserisce anche la Turchia, le cui forze di sicurezza solo venerdì hanno arrestato 13 membri sospettati di legami con Isis.

BAGHDAD,

che ha dichiarato sconfitto il Daesh a dicembre 2017, è rimasta tuttavia impegnata in un’opera costante di contenimen­to delle cellule terroristi­che affiliate al gruppo, una presenza che ha finora giustifica­to la presenza della coalizione internazio­nale e delle truppe Usa. Tuttavia, alcune aree del paese sono ancora oggi considerat­e sensibili per quello che si considera il rischio di una riorganizz­azione dei jihadisti, come Al-anbar, la contesa Kirkuk, Nineve, Baghdad e Diyala. Qui, entro i confini dell’iraq federale, la tensione si percepisce a livello visivo dal numero di check-point militari che si attraversa­no man mano che ci si addentra in aree come la piana di Ninive e Mosul.

Si tratta di regioni nelle quali tali gruppi sono ancora attivi, e dai quali vengono lanciati attacchi sporadici ma preoccupan­ti ai danni delle forze irachene. Attacchi che sollevano dubbi sulla possibile tenuta delle stesse a fronte di una possibile rinascita jihadista sul territorio. Un ulteriore elemento di preoccupaz­ione sono i continui rimpatri di individui e famiglie provenient­i dal campo al-hol in Siria, uno dei maggiori centri di detenzione per membri affiliati al Daesh e considerat­o dalle autorità “una bomba ad orologeria”.

Il campo, che si trova nell’area di Haseke, nella regione governata dalle Forze

BOMBA A TEMPO AL CONFINE DAL CAMPO DI AL-HOL LIBERATI 600 MILIZIANI DAESH

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