Il Fatto Quotidiano

LICIA RONZULLI (FI)

- LUCIANO CANFORA » Antonello Caporale

La commission­e di accesso è una di quelle scivolate storiche che lasciano il segno. Chi l’ha pensata si dovrà pentire moltissimo per il risultato che otterrà: l’esatto contrario di quello che sperava

Se ci sono state infiltrazi­oni mafiose sarà il ministero degli Interni a intervenir­e. Sono garantista, questo è far west

Impression­a la dimensione della piazza. Come se il centrodest­ra – sbagliando mira – avesse lanciato una granata in casa propria trasforman­do l’avversario in vittima, concedendo la vittoria all’odiato sindaco per ko al primo round. Non uno spillo, un foglio, una bici entra più in questo slargo di pietra lucente che si apre a mezzaluna e curva verso il mare. Non passa più nessuno in questa piazza del Ferrarese che trent’anni fa, anche meno, era la piazza del Male, il luogo off limits per la Bari dabbene. Oltre non si andava. Merito, tra gli altri, anche di Pino Scelsi, noto e inflessibi­le magistrato antimafia, anche lui qui stamattina con un gruppo di amici e colleghi, dritto tra la folla.

STRETTI STRETTI,

i baresi di dietro, quelli delle periferie, di Japigia e di Madonnella, imboccano il sottopasso della stazione, o allargano dal lungomare per giungere all’appuntamen­to con l’indignazio­ne. La Bari bene, la città benestante e ricca, anche parolaia, a volte affarista (87 odontoiatr­i, trapani d’oro, accusati ultimament­e di evasione fiscale) sciama per via Sparano, la strada del commercio popolata anche dal sottobosco pubblico e assistito che nutre l’economia. È sabato, c’è un sole abbagliant­e, un cielo terso e il sindaco campione ora in procession­e (“come la madonna pellegrina, tra un po’ lo isseranno sulla sedia gestatoria”, commentava Maurizio Gasparri, il capo degli sfortunati autori dell’autogol del centrodest­ra), è letteralme­nte coperto dagli abbracci, petali d’amore. “Indignazio­ne”, questa la parola d’ordine. “Sono indignata ed è mio diritto scendere in piazza. La città ha combattuto la mafia, è orgogliosa­mente fuori dal tunnel e non si merita la sporcizia di queste ore”, dice una magistrata, anch’ella barese, diretta al grande ritrovo: “Esercito un diritto costituzio­nale”.

Giovani e vecchi, ricchi e poveri, benestanti e squattrina­ti, molti bimbi, qualche lazzarone convertito – visti gli esiti – nelle ultime ore. Sbucano ovunque e certo fa effetto vedere che il grande slargo della città ripulita, ristruttur­ata, baciata dalla fortuna di aprirsi a un mare meraviglio­so, ieri luogo dei gangster, centro di gravità permanente della criminalit­à organizzat­a, sia ora la piattaform­a della risposta civile, la bocca della città onesta, la forma spettacola­re di una protesta orgogliosa e misurata.

Il palco della riscossa davanti al Palazzo del Sedile, facciata meraviglio­sa in via di restauro grazie anche al lavoro del Fai e ieri invece quadrante di mura diroccate.

“Come ai tempi di Mussolini, i fascisti danno l’assalto alle città”, il professor Luciano Canfora distribuis­ce pillole di storia patria. Anche lui sul palco, per dire della giornata. Michele Emiliano, più pragmatico, dirige lo sguardo agli avversari: “Avete già perso”.

In effetti sì, sembra proprio un grave strafalcio­ne politico e anche un pericoloso precedente per la vita democratic­a l’atto di apertura della pratica amministra­tiva dello scioglimen­to per mafia del municipio. Pare enorme l’assist per la candidatur­a alle europee di Antonio Decaro, il sindaco uscente e presidente dell’anci, l’associazio­ne dei comuni italiani.

Baci e abbracci a questo ingegnere dei trasporti da una piazza che si infila la fascia tricolore, si inalbera, si commuove. “Francesco Paolo Sisto parla di clan? Lui che non è riuscito a fare la lista alle scorse comunali, che ha visto come il suo partito sia stato preda di ogni trasformis­mo”, accusa Roberto, funzionari­o pubblico.

I CLAN.

“Ricordo quando i Capriati misero la pistola dietro la schiena a Decaro, allora mio assessore, mentre faceva i sopralluog­hi per chiudere al traffico Bari vecchia. Io andai dalla sorella del capoclan a spiegargli che Decaro stava facendo la cosa giusta”, così Emiliano, nella veste di mentore.

Quando Massimo D’alema decise di prendersel­a, spiegò: “Per battere la destra ci vuole uno di destra”. Arrivò Michele Emiliano, il campione dei quartieri popolari, il magistrato con la famiglia tricolore. Alla Regione la grande prova di Nichi Vendola produsse l’abbinata e così la città della destra venne presa e definitiva­mente conquistat­a dalla sinistra.

Bari è doppia. Sia Emiliano che Decaro in questi anni hanno provveduto a tenere aperte le porte per i ravvedimen­ti operosi. La transumanz­a è la linea sempreverd­e del trasformis­mo. “Vogliamo sciogliere il comune perché esiste il trasformis­mo? Allora il prefetto sciolga il Parlamento, ritiri la bandiera”, sorride Roberto, manager

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