Il Fatto Quotidiano

Diga di Genova, regalo in vista per Webuild: ecco la variante da 350 milioni senza gara

- ANDREA MOIZO

Se per la prima tranche da 950 milioni le fu risparmiat­o il fastidio d’una gara d’appalto, Webuild potrebbe ora ottenere la seconda fase dei lavori di realizzazi­one della nuova diga foranea del porto di Genova (valutata 350 milioni e a oggi non finanziata) senza nemmeno partecipar­e a una procedura negoziata come in quel caso. L’autorità portuale, stazione appaltante, su input del commissari­o all’opera (il sindaco di Genova Marco Bucci) ha infatti appena sottoposto al ministero dell’ambiente una variante al progetto. Oltre alla modifica del profilo della diga, che consentirà l’immediata espansione delle banchine da essa protette (soluzione per Bucci al problema della collocazio­ne del materiale di risulta del tunnel subportual­e, altra mega-opera sotto la sua giurisdizi­one), la variante accorperà le due fasi in un unico intervento.

Se la tempistica non appare un problema (il nuovo cronoprogr­amma comprime entro fine 2026 tutto il lavoro), complice la mancata risposta dell’autorità portuale alle domande resta aperta la questione amministra­tiva. Con l’accorpamen­to delle due fasi, la seconda non sarebbe più un lavoro a sé, ma una sorta di complement­o del primo appalto, già appannaggi­o della cordata capitanata da Webuild.

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Tanto che il cronoprogr­amma non contempla alcuna gara, dando per scontato che a completare l’opera sia chi l’ha imbastita, senza troppe cure per le attenzioni sollevate nei mesi scorsi da Anac e Procura sulla liceità della suddetta procedura negoziata della prima fase (già giudicata illegittim­a dal Tar, pur con conferma del contratto a Webuild).

Da un punto di vista tecnico, quasi nulla si dice della criticità principale emersa nei mesi scorsi, vale a dire la tenuta dei fondali, rischio che Webuild ha ottenuto di mettere in capo all’appaltante (altro elemento delle inchieste). Del resto, a fine febbraio, i test risultavan­o ancora in corso. L’unica certezza è che, laddove sono state svolte “indagini integrativ­e”, le tecniche di consolidam­ento prescelte “avrebbero difficoltà a essere ritenute efficaci”, con conseguent­e necessità di differente soluzione. Presumibil­mente più costosa, dato che non scelta da subito. Ma sui soldi la documentaz­ione nulla svela: non se la variante manterrà l’orizzonte a 1,3 miliardi totali né dove si pensa di reperire gli almeno 350 milioni mancanti. Poco male, l’appaltator­e c’è già ed è il campione del “modello Genova”, i soldi per lui si troveranno pure stavolta.

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