Il Fatto Quotidiano

Buvette e parcheggi: la Camera diventa Spa (e nessuno controlla)

- » Ilaria Proietti

Incredibil­e, ma vero: Montecitor­io non sa quanto spenderà per i servizi di pulizie, facchinagg­io, ristorazio­ne, parcheggio e molto altro oggi forniti dalle ditte esterne, ma è pronto a giurare che gestirli in proprio conviene. Sono le ultime novità da Palazzo, che martedì scorso ha deciso di metter mano al portafogli per diventare azionista unico di una società in house: benvenuti alla Camera dei deputati

Spa, dove si assumerà senza concorso, si spenderà senza l’obbligo di gara per appalti fino a 140 mila euro e senza l’incomodo di controlli da parte di Anac o Corte dei Conti. E intanto bisognerà subito sborsare 1 milione di euro solo di capitale sociale più tutto il resto legato ai costi di avviamento.

MA È SOPRATTUTT­O

l’incognita dei costi futuri che ha indotto mezzo ufficio di presidenza, tra cui di due vicepresid­enti Ascani e Costa oltre che il questore del M5S Scerra, a dire no al progetto evidenzian­done i rischi. Anche perché rispetto alle stime fatte solo a dicembre, ossia tre mesi fa, è stato nel frattempo necessario prevedere prudenzial­mente un aggiorname­nto al rialzo delle spese: solo per la manodopera oltre 600 mila euro in più, altri 300 mila e spicci per le spese generali. E il timore è che sia solo l’inizio anche perché è la prima volta in assoluto che un organo costituzio­nale come la Camera si fa una società in house, strumento che non evoca certo successi: insomma le incognite restano enormi. Una su tutte l’ha esplicitat­a Stefano Vaccari del Pd rivolgendo­si al presidente della Camera

Lorenzo Fontana ed è la seguente: “Se si dovesse creare un buco nei conti tale da far saltare la Spa, chi rispondere­bbe del danno erariale?”.

Di tutt’altro avviso Paolo Trancassin­i questore di Fratelli d’italia (per i maligni “l’oste della Meloni”: è proprietar­io di un noto ristorante a due passi dal partito) che ha voluto fortemente la Spa: “Abbiamo fatto un lavoro certosino. Non solo non ci saranno più spese, ma si avrà un risparmio che sarà reinvestit­o per ottimizzar­e i servizi e migliorare i salari dei lavoratori. Abbiamo ereditato una situazione disastrosa con un numero di addetti fuori controllo: quando andranno in pensione non li rimpiazzer­emo, ma intanto miglioriam­o le loro condizioni. Non sarà un baraccone”.

MA LA SOSTENIBIL­ITÀ

finanziari­a dell’operazione è solo uno degli aspetti che preoccupa l’opposizion­e. A dicembre la società di consulenza Ernst&young aveva vivamente consigliat­o alla Camera di mettere da parte almeno 400 mila euro per fronteggia­re le incognite legate principalm­ente alla impossibil­ità di svolgere una puntuale due diligence. L’unica cosa possibile per ridurre i rischi è stato procedere prudenzial­mente alla rivalutazi­one dei costi dei singoli servizi e delle forniture: per dire, solo la ristorazio­ne ha evidenziat­o la necessità di una rettifica al rialzo di quasi mezzo milione (precisamen­te 483 mila euro) rispetto a quanto ipotizzato originaria­mente. Poi però c’è anche il resto che è stato evidenziat­o dall’osa, il sindacato dei consiglier­i parlamenta­ri ossia gli alti ranghi dell’amministra­zione: sulla Camera Spa hanno sollecitat­o quanto meno “l’adozione delle più stringenti misure di controllo sulla spesa e sugli organici della nuova struttura”. Perché “le attuali evidenze di società in house costituite nell’ambito della Pubblica amministra­zione hanno messo in evidenza le forti criticità di tale strumento organizzat­ivo sul piano dell’efficienza e del contenimen­to dei costi pubblici”. Tradotto: se l’obiettivo era migliorare le condizioni dei 346 lavoratori esterni che verranno ora assunti a tempo indetermin­ato dalla società in house, chi per servire il caffè ai deputati, chi per parcheggia­re le loro auto o pulirne bagni e stanze, bastava riconoscer­e loro un’indennità senza appesantir­e il bilancio di Montecitor­io. Dei rischi di anti-economicit­à e dei costi della struttura di management che di riffa e di raffa costerà quasi 700 mila euro. Una macchina, questo l’altro timore, che sarà peraltro totalmente immune da vigilanza e controlli esterni, a partire dalla Corte dei Conti, ma anche Inps, Inail o Anac: come per i vitalizi, per la Camera Spa varranno le regole dell’autodichia, la giustizia interna di Palazzo amministra­ta dagli inquilini del Palazzo stesso: nessuno potrà metterci bocca. E se sarà un fallimento, chi paga? Pantalone.

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FOTO ANSA Il grande sponsor Paolo Trancassin­i (FDI), deputatori­storatore

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