Il Fatto Quotidiano

ADDIO SUPERBONUS, GIORGETTI CEDE SUI “TERREMOTAT­I”

FDI e governator­i impongono il dietrofron­t

- » Marco Palombi

La previsione pare azzeccata: “Passerò la Pasqua col Superbonus, è la mia maledizion­e”. Giancarlo Giorgetti, lasciando la Camera l’altroieri, pensava più che altro al pallottoli­ere con cui al Tesoro cercano di calcolare il costo dei bonus edilizi sui conti pubblici per presentare, entro metà aprile, il nuovo Documento di economia e finanza. E invece i primi due giorni dopo l’ultimo decreto sul Superbonus – il terzo in 11 mesi, approvato a sorpresa martedì sera – li ha passati a riscrivere il testo: tra le altre cose il ministro aveva cancellato lo sconto in fattura e la cedibilità del credito del 110% anche per le aree terremotat­e, le Onlus, le Rsa, i lavori contro le barriere architetto­niche e le case popolari. Sui lavori di ricostruzi­one post sisma nel Centro Italia, però, ha dovuto cedere e ancor prima che il testo arrivasse in Gazzetta Ufficiale: “Posso dichiarare che nel decreto in via di emanazione non è previsto alcun blocco per i crediti del Superbonus sisma nel cratere appenninic­o”, ha chiuso la vicenda all’ora di cena Lucia Albano, sottosegre­taria all’economia ed esponente di FDI.

È STATO IL PARTITO

della premier a spingere con più forza sul Tesoro, ancorché non da solo. D’altra parte quella sulle aree terremotat­e era una misura indifendib­ile. Non tanto e non solo per lo “sfacciato cinismo elettorale” che aveva rinfacciat­o al governo il presidente dei costruttor­i abruzzesi, Gianni Frattale (sui muri ci sono ancora i cartelloni con le promesse per le ultime regionali), quanto perché l’intera filiera di controllo politico della ricostruzi­one nel Centro Italia è di centrodest­ra: il commissari­o governativ­o alla ricostruzi­one, per dire, è il senatore di Fratelli d’italia Guido Castelli, già sindaco di Ascoli, che da martedì ha preso d’assalto Palazzo Chigi per cambiare il testo; di FDI sono i governator­i di Abruzzo e Marche, Marco Marsilio e Francesco Acquaroli, in quota FDI pure Francesco Rocca del Lazio e l’umbria la guida la leghista Donatella Tisei. Si potrebbe continuare coi sindaci, ma la faccenda dovrebbe essere chiara. La modifica è stata raggiunta “in raccordo con la presidenza del Consiglio”, ci ha tenuto a precisare Albano, cioè nel palazzo in cui vive la sorella d’italia in capo.

E il povero Giorgetti? Ha provato a resistere lungo 48 ore di passione e nonostante le argomentat­e posizioni dei “nemici interni”: non solo la figuraccia, che ora si carica lui solo, ma anche quelle nel merito. Spiegava ad esempio il commissari­o Castelli che “o si mantengono la cessione del credito e lo sconto in fattura o si dovrà aumentare il contributo parametric­o” (cioè i soldi versati direttamen­te dallo Stato a chi ha avuto la casa danneggiat­a) senza particolar­i risparmi per le casse pubbliche sul lungo periodo. E qui sta la ragione dell’impuntatur­a del ministro dell’economia: nel lungo periodo, com’è noto, saremo tutti morti, mentre il 110% “cedibile” impatta sul deficit dell’anno in corso...

Prima di procedere, rimettiamo in fila qualche fatto: i terremoti di L’aquila del 2009 e nel Centro Italia del 2016 hanno causato più di 600 morti e distrutto 100 mila edifici, quasi 10 mila opere pubbliche e 4 mila chiese ed edifici di culto, con danni materiali per 50 miliardi in 4 Regioni (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, tutte guidate dal centrodest­ra). È in questo mega-cratere che nell’aprile 2023 l’attuale maggioranz­a decise di tenere in vita il 110% vecchia maniera fino al 31 dicembre 2025 per la quota della ricostruzi­one “in accollo” ai proprietar­i di immobili lesionati. Anzi, per i terremotat­i di Superbonus ce ne sono addirittur­a due: quello normale, che copre la differenza col contributo statale per i lavori necessari a finire, e quello “rafforzato”, con tetti di spesa aumentati del 50%, che è alternativ­o al contributo diretto. Il nuovo decreto voleva cancellare i due 110% perché, nonostante siano passati 15 e quasi 8 anni dai disastri, la ricostruzi­one è tutt’altro che conclusa. L’ultimo report di Palazzo Chigi di un anno fa (14esimo anniversar­io del sisma del 2009) attesta la ricostruzi­one privata “al 73-74%” (con un fabbisogno di 1,6 miliardi) e quella pubblica al 61% tra lavori “finiti” e “in collaudo”. La ricostruzi­one post-2016 è ovviamente ancora più indietro: il rapporto del commissari­o al 30 aprile 2023 segnalava i lavori pubblici “conclusi” al 7,2% con un 45% “ancora da avviare”. Nel privato si dice che il ricostruit­o sia un terzo, ma la

situazione è molto diversa a seconda delle zone. Nei 44 Comuni più danneggiat­i i lavori grandi stanno iniziando solo adesso – ad Amatrice, per dire, il “cantierone” è partito solo il primo marzo – perché pezzi di territorio sono ancora da mettere in sicurezza.

IL PROBLEMA DI GIORGETTI è che l’addio al Superbonus nelle aree terremotat­e era il piatto forte finanziari­o del suo decreto. Per capirci, al maggio 2023, risultavan­o presentate oltre 28 mila domande di contributo diretto – quello integrabil­e col 110% “normale” – per un valore di 10,4 miliardi; c’erano poi 21 mila domande per danni gravi non ancora presentate, ma già censite dal commissari­o, che valevano altri 10 miliardi. Queste ultime domande fantasma, in particolar­e, potrebbero aver scelto – o scegliere fino a fine 2025 – la via del Superbonus rafforzato per coprire l’intero costo dei lavori. Una platea di un certo peso che già oggi – insieme ai cantieri nelle case popolari, nelle Rsa, etc. – potrebbe aver fatto saltare l’obiettivo di deficit programmat­ico per il 2024, il 4,3% del Pil, il che renderebbe necessaria una manovra correttiva subito dopo le Europee (quando l’italia entrerà in procedura d’infrazione proprio per il deficit) o una “lacrime e sangue” per il 2025. In realtà, il problema di Giorgetti è che la gestione del Superbonus da parte del suo ministero è stata talmente dilettante­sca che nessuno si fida delle sue stime, che peraltro in questo caso non sono state nemmeno rese pubbliche per giustifica­re una scelta così controvers­a.

Se le aree terremotat­e del Centro Italia hanno trovato i loro difensori, non così è andata al terzo settore, ai disabili, agli istituti di case popolari, alle residenze per anziani: per loro – fatti salvi i lavori già avviati o i contratti vincolanti – niente più sconto in fattura e cessione del credito. Il ministro, insieme all’ennesima figuraccia, può tenersi pure qualche scalpo.

Pressing Il ministro voleva resistere: norma costosa, rischiamo la manovra-bis. Ma a sera aveva già mollato

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Il ministro Giorgetti e i due governator­i di destra Costa e Marsilio
FOTO ANSA/LAPRESSE Fuoco amico Il ministro Giorgetti e i due governator­i di destra Costa e Marsilio

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