Il Fatto Quotidiano

Milano è troppo costosa? Andate a vivere a Genova

- GIANNI BARBACETTO

CVIA D’USCITA C’È VOGLIA DI COLPO DI SPUGNA, DI SANATORIA PER I REATI EDILIZI IN CITTÀ

i sono tre soluzioni possibili alla crisi urbanistic­a di Milano, resa visibile dalle inchieste della Procura sugli abusi edilizi diventati sistema in città. La prima la suggerisce Manfredi Catella, il re dei grattaciel­i, il più noto degli operatori immobiliar­i della nuova Milano, un uomo che ha, come si dice, “visione”: il costo della vita e soprattutt­o delle case sono troppo alti a Milano, che “rischia di diventare la città per chi può. Il tema c’è”, ammette al Corriere, “ma Milano lo può affrontare”. Come? Andando a vivere a Genova, “ha 40 mila case vuote”. Magari facendo i pendolari (“l’alta velocità ci porterà in Liguria in 40 minuti”), se proprio uno ha un lavoro a Milano.

La seconda soluzione la stanno cercando, insieme come un sol uomo, il sindaco Giuseppe Sala, l’assessore all’urbanistic­a Giancarlo Tancredi, i costruttor­i e gli operatori immobiliar­i, l’assimpredi­l Ance, il ministro Matteo Salvini e il suo profeta Alessandro Morelli (un tempo battaglier­o avversario delle speculazio­ni, quando era fiero oppositore di Expo, oggi teorico del colpo di spugna). I magistrati hanno scoperto reati nei cantieri milanesi e a Palazzo Marino: abusi edilizi, lottizzazi­oni abusive, abusi d’ufficio. Grattaciel­i tirati su senza piani attuativi, palazzoni costruiti nei cortili, ma come fossero “ristruttur­azioni”. Il problema è che non sono casi isolati, mele marce in un paniere sano: no, è il metodo normale con cui si costruisce in città, in centinaia di casi, da anni, in spregio alle leggi, sostituite con le regolette comunali del Nuovo Rito Ambrosiano, confeziona­te su misura per i costruttor­i. Questo ha reso Milano “attrattiva”, cioè ha attirato qui investimen­ti immobiliar­i più che in tutte le altre città d’europa (15 miliardi, contro i 10,8 di Monaco di

Baviera e i 10,2 di Amsterdam). Ma li ha attirati grazie alle regole più lasche e agli oneri d’urbanizzaz­ione più bassi d’europa. Risultato: immensi profitti per gli operatori e i fondi immobiliar­i, impoverime­nto della città. Per due motivi: lo sviluppo urbanistic­o ha creato una città “premium”, costosissi­ma per gli abitanti (+43% affitti e +40% prezzi di vendita delle case negli ultimi dieci anni); e il Comune ha rinunciato a circa mezzo miliardo di incassi che gli sviluppato­ri avrebbero dovuto versare per oneri d’urbanizzaz­ione e monetizzaz­ioni degli standard per servizi, strade, parchi, scuole... E ora? Invece di ringraziar­e la Procura che ha permesso di scoprire uno sviluppo drogato che produce una città delle disuguagli­anze, strillano tutti che vogliono la sanatoria, il colpo di spugna, la cancellazi­one dei reati e soprattutt­o delle sanzioni che, almeno, arricchire­bbero la città e regalerebb­ero un sacco di servizi ai cittadini. Repubblica, pagine milanesi, la ritrovata legalità la chiama “pantano”, il “pantano in cui è finita l’edilizia milanese”. Se i pm avessero scoperto un sistema d’evasori fiscali, avrebbe titolato sul “pantano in cui sono finiti i contribuen­ti”?

LA TERZA SOLUZIONE SAREBBE NORMALE

in un Paese civile: chi ha sbagliato paga, tra gli operatori immobiliar­i e dentro la Pubblica amministra­zione; chi ha la responsabi­lità politica di ciò che è successo se l’assume e tira le conseguenz­e; e si torna alla legalità. Con i cittadini che sarebbero compensati, almeno in parte, di quanto è stato loro sottratto in più d’un decennio di illegalità. Invece. Sala ha paura: “Gli operatori potrebbero decidere di andare a investire altrove”. I costruttor­i minacciano: “Così si blocca lo sviluppo della città”. Sì, la pacchia è finita, basta con Milano “paradiso fiscale” dell’immobiliar­e, si torni alle leggi che impongono uno sviluppo regolato, che restituisc­a ai cittadini una parte del valore che gli operatori estraggono dalla città. No. Preferisco­no la sanatoria. Vorrebbero nuove norme costruite su misura delle illegalità scoperte, una nuova legge urbanistic­a che trasformi i reati in virtù.

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