Ilaria Salis ancora in catene: l’ungheria non dà i domiciliari
Negata la richiesta, sfiorata la rissa in tribunale
“Tredici mesi non sono poi così tanti”. La frase beffarda del giudice ungherese Jozsef Sòs ha accompagnato ieri il pronunciamento del tribunale di Budapest che ha respinto, ancora una volta, la richiesta dei domiciliari formulata dai legali di Ilaria Salis. L’attivista di sinistra italiana è in carcere da più di un anno nella Capitale ungherese, accusata dell’aggressione nei confronti di due militanti di estrema destra ungherese. “Colpi potenzialmente letali”, secondo la polizia ungherese. Soprattutto, su Salis pesa l’accusa formulata dalla magistratura ungherese di far parte di una “associazione criminale”. “Le circostanze non sono cambiate”, ha aggiunto il giudice, accogliendo le richieste della procura secondo cui non ci sono le condizioni per accordare i domiciliari a causa di un “persistente pericolo di fuga”. I legali di Salis si erano detti disponibili anche a trovare un alloggio a Budapest per la donna e che avrebbero accettato anche il braccialetto elettronico. Tutto pur di farla uscire dal carcere dove ha denunciato abusi e prevaricazioni rispetto ai suoi più basilari diritti di detenuta. Ma le autorità magiare non ne vogliono sapere.
NON È TUTTO.
Come già avvenuto a gennaio, l’attivista milanese ieri è arrivata in udienza con le catene alle mani e ai piedi, con gli agenti della penitenziaria che la tenevano al “guinzaglio”. “È stata trattata ancora come un cane”, si è sfogato il padre Roberto, dopo poco più di tre ore di udienza. In aula, tra l’altro, si è pure rischiato lo scontro. A incrociarsi gli amici e i “compagni” di Salis, compreso il fumettista Zerocalcare, con un gruppo di sostenitori di Zoltàn Tòth, militante di estrema destra presunta vittima dell’aggressione del 10 febbraio 2023: il neonazista ungherese doveva essere sentito ieri ma la sua testimonianza – come quella di altri – è saltata per problemi tecnici.
E ORA?
La battaglia non è finita. Roberto Salis non molla di un centimetro. “È andata così, ma non ci arrendiamo. Ilaria la tiro fuori, non c’è dubbio”, ha detto ai cronisti – anche italiani – all’uscita dal tribunale. A sostenere e condividere lo stato d’animo del padre di Ilaria ci sono i parlamentari dell’opposizione con l’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli, mentre la segretaria del Pd Elly Schlein parla di “schiaffo irricevibile” contro cui verrà presentato ricorso, così come verrà presentato probabilmente un esposto alla Corte europea dei Diritti dell’uomo.
Mentre l’ungheria trattiene Ilaria Salis, l’italia ha deciso di non “consegnare” a Budapest il 23enne Gabriele Marchesi, l’altro italiano accusato dei pestaggi dei militanti di estrema destra, che riuscì a sfuggire all’arresto rientrando in Italia. Ieri la Corte d’appello di Milano ha rigettato la richiesta delle autorità magiare. Per i giudici meneghini, anche in virtù del caso Salis, “c’è il rischio reale di trattamento inumato e degradante” nelle carceri ungheresi.