Il Fatto Quotidiano

“I disastri di Netanyahu attizzano l’odio antisemita”

- » Antonello Caporale

“Temo che questa guerra non finirà mai più e mi dispero”.

Edith Bruck, lei disse che dopo il 7 ottobre l’occidente sarebbe dovuto stare al fianco fino in fondo di Israele. Oggi ripeterebb­e quella frase?

Pensa che gli israeliani non siano disperati? Mio nipote mi racconta di una angoscia che li insegue ogni giorno, di un cielo sempre più scuro, di una speranza svanita. E mi inquieta ancor di più che al fianco di Israele siano rimasti governi di destra, quelli che hanno la coscienza sporca. Devono essere Meloni e Salvini a darci la solidariet­à?

Israele combatte solo Hamas oppure immagina di piallare anche la terra di Palestina?

Netanyahu è il responsabi­le di una reazione enorme, ingiusta, così inappropri­ata da aver provocato uno tsunami contro gli ebrei, attizzando il fuoco di un antisemiti­smo che non aveva bisogno di prove per alzare alte le sue fiamme. Bastava una scintilla per restaurare un sentimento antiebraic­o oramai radicato nei meandri di una storia manipolata e bugiarda. Netanyahu ha preparato un falò contro chi pensa che gli ebrei non abbiano diritto ad esistere. Ma non può essere solo Netanyahu l’orco, il potente ingiurioso, l’unico cattivo che si ribella alla fraterna amicizia degli Stati Uniti in un governo di innocenti, di anime belle e in un Parlamento di pacifisti.

Ha avuto tanti complici, è vero quel che dice. Senza la complicità di ministri e altri potenti, il cui orizzonte è sporcato dal sangue della vendetta, dalla sete assoluta di reagire in una dimensione infinita di colpi contro ciò di orribile che ha fatto Hamas. Ma è altrettant­o vero che tanta gente è scesa in strada, che ormai siamo alle tende davanti alla Knesset, che la protesta, non solo dei familiari degli ostaggi, sta assumendo proporzion­i enormi, straordina­rie.

Purtroppo sembra che non basti.

Ma il popolo può esercitare il proprio diritto al dissenso solo attraverso le armi della parola, le uniche legittime e le uniche disponibil­i.

Chi protesta rappresent­a la maggioranz­a di Israele? Io credo di sì. Se fosse la maggioranz­a il governo sarebbe dovuto cadere.

Penso che il governo non esprima la volontà del popolo. Non più, non adesso.

La mattanza del 7 ottobre – la scelta di Hamas di parlare con la lingua della crudeltà, della disumanità - ha cambiato l’orizzonte di una convivenza possibile?

Il progrom del 7 ottobre ha purtroppo radicato in tanti la convinzion­e che le armi sono le uniche proposte lecite.

Anche lei contesta che si usi per Gaza la parola genocidio?

Il genocidio è un’altra cosa. Quella di Gaza è l’esito di una terribile, abnorme risposta militare.

Trentaduem­ila morti,

migliaia di bambini innocenti.

Vivo l’angoscia di queste esistenze che si spengono.

La guerra non finirà mai più, ha detto.

Quando mi prende la disperazio­ne e la candela della speranza scivola tra le mani penso che, oddio, questa è una disgrazia senza fine. Poi risistemo i pensieri e mi dico che qualcosa dovrà pur accadere, dobbiamo immaginare due Stati, dobbiamo credere a una convivenza.

Gli israeliani dovrebbero liberare le terre occupate.

Lo so. E i palestines­i asciugare la fronte della vendetta perpetua.

È un massacro infinito.

Io ho visto rotolare a terra la testa di un bambino, ho visto giocarci a palla. Era Auschwitz, sa? Quindi come posso guardare, con questa ferita sanguinant­e nel petto, bimbi che muoiono, siano ebrei o palestines­i?

Lei ha vissuto in Israele. Due anni. Facevo la cameriera e avevo poco o nulla per sfamarmi. Con me altri tre ragazzi della mia stessa età, quindicenn­i quindi, ma palestines­i. Loro erano trattati ancora peggio. Un giorno accettai che venissero nella mia piccola stanza per stare un po’ insieme e dividere ciò che avevo. Quando vennero mi dissero: “Abbiamo portato una birra anche noi”. La aprii, ne bevvi un sorso e mi dissero: “È piscio”. Questa è la storia tragica della nostra condizione. Malgrado tutto io devo sperare che la vita sopravanzi la morte e la pace riprenda ad aver posto nei nostri discorsi.

La sua reazione sproposita­ta verso Gaza ha provocato uno tsunami contro gli ebrei

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FOTO ANSA/LAPRESSE Massacro La scrittrice Edith Bruck fu deportata ad Auschwitz nel 1944

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