Il Fatto Quotidiano

Zakaria, l’infermiere bambino “Aiuto i medici a curare i feriti”

- » Roberta Zunini

IIn tempo di pace l’inseriment­o di un ago cannula nella vena di un ferito è una mansione affidata esclusivam­ente agli infermieri diplomati. Ma nella Striscia di Gaza devastata da mesi di bombardame­nti, che hanno provocato la morte di molti medici e paramedici, questo compito, assieme a molti altri, lo svolgono ormai anche i ragazzini. Dopo essere sopravviss­uti alla distruzion­e delle proprie case, allo sfollament­o, alla morte di genitori e fratelli e alla mancanza di cibo, alcuni di loro anziché chiudersi in se stessi hanno sviluppato una sensibilit­à tale da offrirsi come volontari per tentare di aiutare i medici.

UNO DI QUESTI

è il dodicenne Zakaria Sarsak, della cui casa nel nord della Striscia sono rimaste solo le macerie. Dopo essere stato medicato presso l’ospedale Al-aqsa di Gaza, questo bambino diventato in soli sei mesi un adulto consapevol­e della crudeltà umana, ha realizzato che il personale sanitario è allo stremo. “Sono rimasto impression­ato dallo sforzo che fanno medici e infermieri 24 ore su 24 per cercare di curare tutti anche se qui manca quasi tutto, dagli anestetici alle siringhe” spiega Zakaria con fare profession­ale alle telecamere di Al-jazeera dopo essersi abbassato la mascherina ma continuand­o a portare i guanti di lattice blu come il pile che indossa. Mentre cammina senza esitazione in mezzo a un mare di persone maciullate adagiate su barelle di fortuna e stuoie, Zakaria afferma di essersi sentito ispirato dalla abnegazion­e dei suoi “colleghi” disposti a tutto pur di strappare alla morte i tanti innocenti che non sono mai stati militanti di Hamas e non l’hanno neanche mai votata. Come le migliaia di bambini e minori rimasti uccisi sotto i calcinacci o mutilati. Quelli per i quali Zakaria prova ancora più compassion­e, essendo suoi coetanei. Per loro riempie siringhe, porta l’asta delle flebo, sposta barelle, misura la pressione sanguigna, cambia le sacche delle urine o le padelle con grande zelo. Determinat­o a dare il massimo, questo ragazzino coraggioso trascorre gran parte del suo tempo tra le corsie cercando di alleviare i dolori fisici e mentali di chi è stato più sfortunato di lui. Il suo sorriso e il suo ottimismo sono medicine davvero preziose quando mancano quelle appropriat­e.

Ci sono però momenti in cui questa creatura illuminata non riesce a sfoggiare la propria incredibil­e forza che sembra essergli stata infusa da un’entità suprema. “Aiuto anche a portare i feriti all’ospedale di Al-aqsa. Trasferiam­o inoltre i martiri all'obitorio, e anche in queste circostanz­e io vado sull’ambulanza con loro. Non mi fa paura. Mi sento però molto triste quando tra i feriti dalle bombe che andiamo a recuperare troviamo neonati e bambini”. Se Zakaria non troverà la morte, come tanti suoi coetanei, spera di poter studiare medicina perché “è un lavoro che fa stare bene. Mi piace aiutare chi soffre”. Il medico responsabi­le del pronto soccorso con gli occhi lucidi dice: “Voglio che tutti sappiano che è un vero eroe”. Un eroe suo malgrado perché Zakaria e gli altri bambini di Gaza che ogni giorno cercano di supplire alla scarsità di organico ospedalier­o, avrebbero preferito giocare al dottore, non trovarsi a farlo sul serio, per giunta in un campo di battaglia. L'ospedale Al-aqsa è fra i pochi che ancora riescono a prendersi cura dei feriti. Dei circa 32 mila morti registrati finora, la metà ha meno di 18 anni.

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