Israele si ritira un po’ a nord “Nuova strategia per Rafah”
Gran parte dei soldati lascia il sud, attesi attacchi iraniani
Asei mesi esatti dall’inizio della guerra, Israele ha effettuato un ritiro parziale di truppe ma ha negato sia una conseguenza del recente colloquio telefonico tra il presidente americano Joe Biden e il premier Benjamin Netanyahu. Resta il fatto che ieri, per la prima volta dall’inizio della guerra, l’esercito israeliano ha richiamato le ultime forze di terra dispiegate nel sud della Striscia in seguito all’incursione a Khan Yunis quattro mesi fa. Secondo le fonti militari, d’ora in poi l’idf dovrebbe concentrarsi su raid mirati nella stessa zona, mentre continuano le operazioni di terra nel nord di Gaza. I militari hanno confermato il ritiro all'agenzia Reuters, ma hanno aggiunto che una brigata è rimasta.
MA QUESTO
microritiro, purtroppo, non è detto sia l’indizio di una posticipazione o annullamento dell’incursione di terra a lungo minacciata nella città meridionale di Rafah, che i leader israeliani hanno affermato essere necessaria per eliminare Hamas. Il reporter Imran Khan di Al Jazeera ha affermato che questo ritiro potrebbe annunciare una nuova strategia da parte di Israele. “Ci è stato detto che non hanno bisogno di quel numero di truppe per questa nuova strategia”, ha rivelato Khan da Gerusalemme est. “Se ascolti gli analisti militari israeliani, sviluppi una visione leggermente diversa. Quello che percepiamo è che la mossa sia finalizzata alla redistribuzione delle forze per prepararsi ad un’offensiva di terra a Rafah”, ha detto Khan, sottolineando che gli Stati Uniti rimangono “assolutamente contrari” al piano.
La Casa Bianca, commentando il ritiro parziale, ha affermato che potrebbe essere un’opportunità per le truppe di riposarsi e riorganizzarsi. Gli Usa non sembrano dunque farsi illusioni sull’escalation, a cui una invasione di terra porterebbe, nonostante la “voce grossa” fatta da Biden al telefono con Bibi. Le previsioni rimangono, almeno apparentemente, cupe. A meno che gli Stati Uniti smettano di vendere armi a Israele, come accaduto ancora il mese scorso.
La guerra a Gaza dura da 180 giorni durante i quali l’esercito israeliano ha commesso una serie di crimini ai danni della popolazione civile tali per cui la Corte internazionale di giustizia parla di “caso plausibile di genocidio”. L’egitto, nel frattempo, si prepara ad ospitare un nuovo ciclo di colloqui per il cessate il fuoco e il rilascio degli oltre cento ostaggi israeliani. Il ritiro totale è una delle richieste avanzate da Hamas, ma è ritenuta irricevibile dal governo Netanyahu. L’offensiva israeliana si è concentrata negli ultimi mesi nel sud dell’enclave palestinese e Rafah rimane l’unico rifugio per un milione di persone. Il tessuto sociale di Israele intanto è sempre più polarizzato e liso e il timore di attacchi diretti dall’iran inizia a serpeggiare tra la gente. Anche se è molto improbabile che Teheran colpisca in territorio israeliano. Più probabili attacchi alle ambasciate israeliane in Occidente. Il regime sciita ha fatto sapere che qualsiasi ambasciata di Israele è un target.