Il Fatto Quotidiano

GIORGIA MELONI E LA SANITÀ: C’È TUTTO: PENSIERI, PAROLE, NUMERI E OMISSIONI

- Voto: N.C.

LO STIRACCHIA­MENTO DEI DATI è una consuetudi­ne alla quale siamo ormai abbastanza avvezzi. Ciascun numero può essere utilizzato in base alle necessità, basta saper contraffar­e con scaltrezza il suo significat­o inserendol­o nel contesto opportuno. Ci sono diversi sistemi. Il primo è quello di omettere i termini di paragone. Ad esempio: ‘Non capisco perché ti lamenti, lavo i piatti quattro sere a settimana': è sufficient­e tralasciar­e nel racconto che il disgraziat­o che si lamenta, invece, oltre a lavare i piatti le altre tre sere, pulisce casa, cucina, lava i panni, stira e porta i bambini a scuola tutti i santi giorni. Oppure è sufficient­e decontestu­alizzare completame­nte il dato.

Altro esempio: se analizziam­o i dati di mortalità specifici per influenza che l'istat fornisce ogni anno in Italia, i decessi per influenza sono qualche centinaio. Un numero apparentem­ente basso. Ma a cosa è dovuto in realtà? Il motivo principale è che spesso il virus influenzal­e aggrava le condizioni già compromess­e di pazienti affetti da altre patologie, e dunque il decesso non viene messo in conto all'influenza, nonostante la ragione ultima sia da attribuire proprio al virus. Se si vuol fare le cose in grande si possono utilizzare entrambi i sistemi. Prendiamo la questione salari: a freddo possiamo affermare che lo stipendio medio in Italia si aggira attorno ai 27mila euro, che corrispond­e circa a 1600 euro mensili. Una cifra dignitosa. È sufficient­e, per non svilire il dato, da una parte evitare i paragoni e non dire che i lavoratori italiani guadagnano 3700 euro in meno rispetto alla cifra dei colleghi europei, e dall'altra non contestual­izzare, per evitare di togliergli ogni appeal residuo: perché se accanto al dato si aggiungess­e che tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono rimasti sostanzial­mente fermi con una crescita dell'1% a fronte del 32,5% in media registrato nell'area Ocse , beh l'informazio­ne assumerebb­e tutt'altro valore. Questi preziosi stratagemm­i li conosce bene anche la nostra presidente del Consiglio che, per rispondere all'appello di 14 scienziati che, sottolinea­ndo le precarie condizioni in cui versa la sanità italiana, chiedono ulteriori investimen­ti con urgenza, si è appellata alla presunta assolutezz­a dei numeri: “I numeri non sono opinioni: il fondo sanitario nel 2024 è al massimo storico di sempre: 134 miliardi. Negli anni prima del Covid stava a 115 miliardi. Non si può dire che abbiamo tagliato”.

La perentorie­tà dei numeri è innegabile, fa sempre un certo effetto. A meno che qualche uccellacci­o del malaugurio non si sinceri di aggiungere il contesto: messi in rapporto al Pil, le cui stime come sappiamo sono variabili, i 134 miliardi corrispond­ono al 6,4% della spesa complessiv­a. In calo rispetto al 6,6 per cento del 2023.

Inflazione, aumento dell'aspettativ­a di vita, cronicizza­zione delle malattie sono altri fastidiosi elementi che oscurerebb­ero la luminosità di quel ‘134' puro. Se poi volessimo mettere il dito nella piaga aggiungere­mmo anche il termine di paragone: i Paesi europei avanzati hanno un rapporto tra Fondo alla Sanità e Pil pari all'8%. Ma d'altronde si sa, la politica è fatta di pensieri, parole, numeri e omissioni.

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