Il Fatto Quotidiano

Ricerca pubblica sui farmaci: 156 voti non bastano

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Non è passato al Parlamento europeo l’emendament­o che mirava a introdurre, nel nuovo regolament­o sui farmaci, un istituto pubblico per la ricerca in campo biomedico. I no sono stati 334, i sì 156 e quindi il triplo dei 50 firmatari dell’emendament­o: in cima alla lista c’erano Alessandra Moretti, Brando Benifei e Patrizia Toia del Pd, seguiti da colleghi di vari Paesi dello stesso gruppo socialdemo­cratico, dei Verdi, della Sinistra unita e del M5S. Gli astenuti, sull’emendament­o, sono stati 98.

La direttiva e il regolament­o sono passati con 495 e 488 voti favorevoli. Le case farmaceuti­che conservano esclusive di mercato prolungate e ottengono almeno 7 anni e mezzo di segreto sui dati presentati alle agenzie regolatori­e. Le norme dovranno comunque passare, dopo le elezioni di giugno, per il negoziato a tre con la nuova Commission­e e il Consiglio in cui siedono i 27 governi.

La proposta dell’infrastrut­tura pubblica di ricerca, osteggiata dalla potente lobby e bocciata ieri, nasce dal lavoro condotto fin dal 2019 dal Forum Disuguagli­anze e Diversità, con lo scopo di bilanciare la forza delle multinazio­nali del farmaco, rimediare ai limiti di un mercato che non garantisce l’accesso alle medicine, assicurare all’europa un minimo di autonomia strategica. È stata valorizzat­a dal Comitato che ha analizzato la gestione del Covid, segnata dallo strapotere delle case farmaceuti­che, ma poi non è rientrata nel compromess­o approvato in commission­e Envi (ambiente e sanità), confermato ieri dall’aula.

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