“Sequestro telefoni, con questa riforma si stravolge il codice”
Raffaele Cantone, procuratore capo di Perugia, lo aveva detto chiaramente qualche settimana fa in commissione Antimafia dove è stato audito per l’inchiesta sugli accessi abusivi al sistema informatico contestati al finanziere Pasquale Striano: con le nuove norme volute dalla maggioranza, proprio questa sua indagine sarebbe stata molto più complicata. Il progetto del governo ora si sta concretizzando: due giorni fa è arrivato il via libera con ampia maggioranza al Senato (contrari solo i 5 Stelle, il Pd si è astenuto) del disegno di legge che pone una stretta al sequestro di smartphone e computer.
La volontà è quella di far rientrare l’acquisizione delle chat nel regime previsto per le intercettazioni: non sarà più il pm a decidere, ma sarà necessaria l’autorizzazione del gip. Raggiunto dal Fatto Cantone resta sulla stessa linea, si dice “perplesso”, certo che questa nuova norma introduca un meccanismo “farraginoso”, che non farà altro che allungare ancora i tempi dei processi.
Procuratore cosa la rende così perplesso?
Innanzitutto dal punto di vista della filosofia. Così facendo si sta stravolgendo completamente il codice di procedura penale perché si sta creando una figura del giudice delle indagini preliminari sempre più simile a quella del vecchio giudice istruttore. Il Gip parteciperà a veri e propri atti investigativi. Nell’ultimo periodo prima si è passati dai tabulati, adesso con le chat. E si attribuiscono sempre maggiori poteri al giudice che non è semplicemente l’organo che dà l’autorizzazione, ma partecipa pienamente all’attività di selezione. Poteri che certamente non sono di per sè discutibili ma che rappresentano un cambiamento di rotta di quello che è il codice. Il pm è sempre meno il dominus delle indagini. E questo è un cambiamento rilevantissimo. Questo dal punto di vista della filosofia. E dal punto di vista pratico, la nuova
disciplina in materia di chat come influirà sulle indagini?
Io sono tendenzialmente contrario a questa riforma, ma bisogna ammettere che è il precipitato di una serie di cose che sono avvenute. Questo perché nel momento in cui si è deciso che bisogna avere l’ok del giudice per autorizzare i tabulati che sono in assoluto il dato più freddo del meccanismo telefonico, diventava difficile non prevedere un intervento sull’acquisizione delle chat. Il punto è che così come declinata questa riforma è farraginosa e finisce per creare una serie di problemi dal punto di vista dell’applicazione, con continui interventi del giudice con norme molto complicate.
Passare per l’autorizzazione del Gip significa prendere più tempo. Per indagini delicate, come quelle da codice rosso, non vi è il rischio che vi siano meno tutele per le vittime?
Questo meccanismo allungherà di certo i tempi di accertamento, soprattutto in alcuni processi. Prima vi era la possibilità di prendere il cellulare dell’autore dello stupro e il contenuto si poteva utilizzare immediatamente, ora invece bisogna applicare meccanismi complicatissimi.
Tempi che si allungheranno anche per quel che riguarda la selezione del materiale da utilizzare?
Il meccanismo previsto finisce per essere ancora più rigoroso rispetto a quello delle stesse intercettazioni perché in quel caso la selezione delle intercettazioni utili viene fatta dal pubblico ministero e l’avvocato può o meno acconsentire. In questo meccanismo invece è obbligatoria la selezione dinanzi al giudice.
Un altro aspetto del disegno di legge riguarda tutte quelle prove scovate mentre si indaga su altro. Prove che non potranno essere utilizzate in una nuova accusa.
Il pm non è più il dominus delle indagini, il Gip si trasforma di fatto in un giudice istruttore
Applicare l’articolo 270 del codice di procedura penale anche alle chat non ha senso. Perché si tratta di documenti e ne stravolgerebbe proprio la natura. Facciamo un esempio: se nelle chat si trova la prova della corruzione questa non la si può utilizzare. È uno stravolgimento delle regole. Le chat restano un documento al pari di un documento sequestrato in un ufficio comunale.