Cause, sistemi di sicurezza e silenzi: i punti ancora oscuri della tragedia
ALA PISTA I CONTROLLI E I DATI RACCOLTI A DISTANZA
quattro giorni dall’incidente alla centrale idroelettrica di Enel Green Power a Bargi l’unica certezza sono i sei morti (si cerca ancora il corpo di un disperso), e i due feriti in condizioni gravi. Una strage che rischia quindi di superare quella della Thyssenkrupp di Torino che fece sette vittime. Il resto sono risposte mancate e troppi silenzi dai soggetti coinvolti. Sul tavolo, oltre un’indagine che nei fatti non è ancora partita, restano molte domande.
1 – La scena del disastro resta a oggi drammaticamente nebulosa: non solo sulle cause, ma anche sugli effetti. Si sa che c’è stata una fiammata, ma non cosa l’abbia provocata: l’esplosione o il botto della turbina che, dopo aver girato impazzita, si blocca o un incendio?
2 – La causa? Fonti Enel Green Power ancora non hanno la risposta. Lo ha ribadito lo stesso ad Salvatore Bernabei. Il sistema turbina-alternatore è comandato da un software. La catena del disastro può essere nata da qua? S’è trattato di un polo dell’alternatore saltato? Uno di quei quadri elettrici sostituiti? O ancora l’adeguamento del sistema oleodinamico menzionato nella breve sintesi del progetto appesa fuori dai cancelli?
3 – Fonti interne a Enel confermano la presenza del sistema di sicurezza in grado di bloccare il movimento del gruppo turbina-alternatore. Perché non ha funzionato? La committenza, per quanto risulta al Fa t t o , rimanda al “non sappiamo ancora cosa sia successo”.
4 – Qualche lume arriva dai presunti ritardi. Sul cartellone fuori la centrale la data di fine lavori è fissata a novembre 2023, sei mesi fa. Il ritardo sui tempi di chiusura di 534 giorni, sembra molto meno. Fonti vicine alla committenza ammettono di aver comunicato solo internamente a figure pubbliche preposte l’adeguamento del fine lavori, ma la data non è stata esposta. Perché?
6 – Capitolo contratti o subappalti o affidamenti. Se per l’ad di Enel Green Power non esiste “una catena di subappalti”, dall’altro lato, secondo fonti vicine a Enel, la stessa società non sa dire quali tipi di contratti Voith – il contractor – avesse messo in atto.
7 - Il procuratore di Bologna Giuseppe Amato ieri ha spiegato di voler attendere la messa in sicurezza per iniziare i rilievi tecnici. Perché non sono state già eseguite le acquisizioni documentali? Ad esempio i contratti tra contractor e altre aziende, cioè i subappalti? O le email e tutta la corrispondenza intercorsa, a partire da settembre 2022, data d’inizio lavori, tra tutti i soggetti coinvolti? A domanda del Fatto gli inquirenti non hanno negato né confermato. 8 – Ancora più decisiva l’acquisizione dei documenti alla cui richiesta Enel Green Power ha detto che non si sottrarrà, per capire se in questi due anni ci sia stata una comunicazione anche informale su un concreto rischio per la sicurezza. Enel ha anche comunicato di avere comunque la documentazione che dimostra l’approvazione, da parte dei sindacati, del pacchetto sicurezza.
9 – Infine, molti dei maggiori operatori idroelettrici nazionali hanno spiegato al Fatto che, in base alle norme, i controlli per le dighe prevedono numerosi e accurati sistemi di monitoraggio continuo, prescritti dai cosiddetti Fogli di condizione esercizio e manutenzione (Fcem). Documenti emessi dalla Direzione generale dighe del ministero Infrastrutture e Trasporti (Mit) che ne controlla l’applicazione e il rispetto con ispezioni semestrali verbalizzate. I concessionari devono inviare bollettini mensili e asseverazioni semestrali. Da tempo, poi, gli impianti idroelettrici sono dotati di sistemi di telemetria che rilevano e analizzano tutte le grandezze relative ai controlli, sia sulle infrastrutture idrauliche sia sui sistemi elettrici. Centrali operative a distanza registrano e verificano tutto in tempo reale, archiviano le informazioni su database e garantiscono l’intervento immediato al minimo problema. Gli stessi controlli da remoto valgono per la videosorveglianza e la registrazione degli accessi e delle presenze. Anche l’impianto di Suviana dovrebbe avere questi sistemi. Alle domande del Fatto, Enel non ha risposto: dai piani alti fanno sapere di non poterlo fare, stante l’inchiesta in corso.