Il Fatto Quotidiano

Espropri, in fila pure l’ex sindaco ’ndrangheti­sta

Carmelo Buggè, insegnante in pensione, aveva creato un sodalizio col boss don Rocco Gioffrè

- » Lucio Musolino

Dalla ’ndrangheta a Cosa nostra. E poi di nuovo alla ’ndrangheta. Dagli eredi del Mammasanti­ssima di Vibo Valentia, don Ciccio Mancuso, a quelli del “patriarca” di Messina, don Santo Sfameni. Fino al sindaco di un Comune sciolto per infiltrazi­oni mafiose e condannato, in via definitiva, per il 416 bis. Il viaggio del Fatto Quotidiano tra le pieghe del piano espropri, redatto dalla società Stretto di Messina Spa, conferma che parte dei soldi pubblici che serviranno a realizzare il Ponte rischia di finire, legittimam­ente, non solo nelle tasche dei familiari dei boss ma anche in quelle dei mafiosi “certificat­i”. Dopo la cava di “don Ciccio” a Limbadi e il casolare il “don Santo” a Villafranc­a Tirrena, il piano espropri passa pure da un altro paesino in provincia di Reggio Calabria.

SIAMO A CIRCA

30 chilometri dal futuro cantiere, a Seminara, teatro negli Anni 70 di una sanguinosa faida. Lì la società amministra­ta da Pietro Ciucci vuole espropriar­e quasi 20mila metri quadrati. Si tratta di parte della vecchia cava in contrada Zambara che ricade in un terreno confiscato, qualche anno fa, al boss defunto Rocco Antonio Gioffrè, un pezzo da novanta della ‘ndrangheta reggina tanto che nel 2007, dopo la strage di Duisburg, ha partecipat­o all’incontro in cui è stata sancita la pace tra i clan di San Luca. Se dopo la confisca oggi la cava è di proprietà del Comune, una piccola particella di quel terreno (appena 100 metri quadrati) non è mai stata interessat­a da indagini e quindi dovrà essere espropriat­a al suo proprietar­io.

Insegnante di scuola media in pensione, è l’85enne Carmelo Buggè detto il “professore”. È l’ex sindaco di Seminara quando, nel 1991, il Comune da lui guidato è stato sciolto per infiltrazi­oni mafiose. Erano gli anni del processo Ponente in cui Buggè è stato assolto senza mai allontanar­si da certi ambienti e costruendo una carriera politica che si è intrecciat­a con quella criminale di don Rocco Gioffrè, il “padrino” di Seminara. Il motivo lo scrive la Cassazione nella sentenza del processo Topa, nato da un’inchiesta del 2007 coordinata dall’allora pm della Dda Roberto Di Palma che è riuscito a dimostrare come la cosca Gioffrè abbia condiziona­to le elezioni comunali a Seminara grazie a un “solido accordo politico-affaristic­o” tra don Rocco, l’allora sindaco Antonio Mariafioti e il suo vice Mariano Battaglia. Tranne il boss (morto in carcere nel 2011 prima della sentenza), tutti sono stati condannati per associazio­ne mafiosa con sentenza definitiva. Compreso Carmelo Buggè al quale sono stati inflitti 6 anni di carcere, già scontati. Per la Cassazione, il “professore” era “attivo nell’assecondar­e la riuscita del pactum sceleris” in quel “microsiste­ma che governava il piccolo Comune della Calabria”. Di fatto era il grimaldell­o utilizzato dalla cosca Gioffrè per infiltrars­i nell’amministra­zione. Negli Anni 90 Buggè e Gioffrè hanno “subito un periodo di comune carcerazio­ne” durante il quale il boss “l’aveva aiutato economicam­ente”.

LA FIGURA

di Buggè è più complessa e va al di là del suo rapporto con don Rocco. Cresciuto come suo padre (anche lui ex sindaco di Seminara) nelle file della Dc, oggi il “professore” è anziano e fuori dalle dinamiche politiche, ma basta scomodare l’archivio della Dda di Reggio Calabria per trovare un vecchio verbale del pentito Giuseppe Albanese che, nel 1995, disse di aver sentito parlare di Buggè come di un soggetto a cui la ’ndrangheta si rivolgeva “per ottenere benefici processual­i”. “Il canale – sono state le parole del collaborat­ore – era quello della massoneria”. E nel processo Gotha finisce un’informativ­a della Dia che su Buggè scrive: “Non risulta la sua iscrizione nelle liste massoniche calabresi appartenen­ti al Goi. È emerso, invece, che il fratello di Buggè è stato iscritto col grado di maestro alla Regolare Loggia Giuseppe Logoteta di Reggio Calabria”. Anche il nome di suo fratello compare nel piano espropri.

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