DUE BELLISSIMI FRATELLI, IL PITTORE DI BOSCHI E I PETTEGOLEZZI IN HOTEL
Da un racconto apocrifo di Auguste Bailly. L’arrivo della nuova coppia suscitò una certa curiosità negli ospiti di quel pittoresco hotel sui monti: dopo due mesi di villeggiatura si conoscevano tutti, sai che noia! Dall’omnibus scesero un bel giovane, in un paltò di buon taglio, e una giovane alta quanto lui, molto graziosa, avvolta in un morbido scialle bianco. Si presentarono come fratello e sorella; presero due stanze distinte; e preceduti dal direttore scomparvero nella scatola di velluto dell’ascensore. “Che bei giovani”, disse Berthe, la moglie del pittore Wartel. “Fosse veramente il fratello!” sospirò l’adolescente Pauline. Dopo cena li accostò. “Ben arrivati! Portate un po’ di vita. Io sono Pauline. Quella signora in nero e oro, coi capelli bianchi, che mi fa cenno di non importunarvi, è mia madre. Accanto a lei, il tipo azzimato col sigaro in bocca è Pierre Wartel, il pittore: boschi e moglie”. “Come?”. “Dipinge solo i boschi e la moglie, di cui è gelosissimo perché è la più bella signora della colonia. La signora bruna, in georgette rosa, che sta andando in giardino”. “Davvero bella” disse il giovane. “Sono Philippe Sorel. E questa è mia sorella Claire”. Pauline gli porse la mano. “Fortunatissima”. Ne era già innamorata. Presto stabilì che quei due non erano fratello e sorella, e neppure marito e moglie. Forse erano… Tuttavia mancavano le prove. Cosa facevano tutto il giorno, introvabili? La sera tornavano in società. Lui, lo pseudo-fratello, ballava divinamente e si era conquistato tutte le signore; lei, la pseudo-sorella, aveva trionfato sul riserbo femminile e sulla diffidenza maschile. Sempre sorridente, faceva pensare a una rosa profumata in un cristallo a stelo. Cos’è una rosa sola in un cristallo a stelo? Nulla. Ma quando entri nella stanza sono quel fiore e quel profumo a darti gioia. Un giorno tutta la comitiva passò il pomeriggio nei boschi. “Il signore non va con gli altri?” domandò il maître al pittore, che era sbucato dall’ascensore con tavolozza e pennelli. “No. C’è mia moglie che mi rappresenta. Voglio terminare un bozzetto. E poi… poi voglio scoprire qualcosa che mi interessa troppo”. Dalle due alle cinque del pomeriggio la hall rimase deserta. Alle sei, improvvisamente, come una bomba rientrò il pittore. Era affannato. “Tornano. Ho fatto una corsa per arrivare prima di loro. Ho scoperto… Non c’è più nessun dubbio. È vero com’è vero che io sono io”. “Ma che cosa, maestro?” domandò la mamma di Pauline. “Sono due amanti! Macché fratello e sorella. Due amanti! Li ho visti io, nel bosco, soli soli in un folto tutto buio. E il loro atteggiamento era chiaro. Chiarissimo. Illuminato da quello scialle bianco. Due amanti. Per quanto mi riguarda, da oggi, io e mia moglie non rivolgeremo loro né un saluto né una parola”. Il maître venne informato, si scusò, non sapeva, non poteva immaginare. D’altra parte il contegno di quei signori in hotel non aveva lasciato supporre alcuna irregolarità nella loro situazione. “Eccoli!” disse il pittore. Il primo a entrare fu Philippe. Sereno, tranquillo, allegro, gridò un “buona sera” trionfante che cadde in un silenzio glaciale. Stupito, prese la chiave della stanza e raggiunse l’ascensore. Entrarono Pauline, i mariti, le signore. La sorella di Philippe non si vedeva, ma ecco che qualcosa di bianco si illuminò sulla soglia e la moglie del pittore, raggiante, entrò. Il maestro e la madre di Pauline si guardarono negli occhi. La bella signora si rivolse al marito: “Che giornata incantevole, caro!”. “Ma dov’è la signorina Claire?” domandò il pittore con un vago terrore nella voce. E la moglie, con la serenità di un’innocente: “Non è venuta, non si sentiva bene. Bisogna che salga a restituirle il suo scialle. Me lo sono fatto prestare perché è più pesante del mio. Nei boschi fa fresco”.