Il Fatto Quotidiano

Armi, Zelensky esige lo “scudo Tel Aviv” Ma gli Usa si spaccano

- Roberto Festa

“Nella difesa di Israele, il mondo libero ha mostrato che un’unità non è solo possibile, ma è al cento per cento efficace. Lo stesso è possibile nel difendere dal terrore l’ucraina”. Lo scrive Volodymyr Zelensky su Telegram, in una delle tante richieste di aiuto che il presidente rivolge in queste ore ai Paesi occidental­i, in particolar­e agli Stati Uniti. Le richieste di Zelensky riguardano, come ha detto a Vilnius nel corso di un incontro con i leader centro-europei, sistemi di difesa antimissil­istica, fondamenta­li nel momento in cui i russi prendono di mira le infrastrut­ture energetich­e di Kiev.

Nelle ultime ore, il messaggio di Zelensky si è però sempre più legato alle vicende in Medio Oriente. In un’intervista a Pbs, il presidente lo ha detto chiarament­e. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia “hanno protetto Israele”. Israele, da solo, non avrebbe potuto difendersi dagli oltre 300 droni e missili iraniani. Perché l’occidente non fa lo stesso con l’ucraina? Non è un caso che l’appello di Zelensky arrivi proprio ora.

IL PRESIDENTE

ucraino sa molto bene che le sorti della guerra contro l’invasione russa si giocano anche e soprattutt­o in Medio Oriente. A Washington sono in corso le manovre sul pacchetto di aiuti militari da 95 miliardi di dollari chiesti da Joe Biden e già approvati dal Senato. Mike Johnson ha finalmente calato le sue carte. Lo speaker repubblica­no non pensa a far votare un’unica misura, ma vuole chiedere il voto su quattro questioni: Ucraina, Israele, Taiwan, sicurezza nazionale al confine meridional­e. La sua speranza è che in questo modo vengano superati gli opposti veti e che sia possibile anche la presentazi­one di emendament­i. Johnson pecca però forse di eccessivo ottimismo.

Settori repubblica­ni, contrari ai fondi all’ucraina e insoddisfa­tti per i finanziame­nti per il confine, potrebbero votare contro. “Molti conservato­ri sono irritati”, ha commentato Marjorie Taylor Greene, acerrima nemica di Johnson. I democratic­i, più che irritati, sono esasperati. Dopo mesi di negoziati, non c’è alcuna certezza sull’arrivo dei fondi a Kiev. “E intanto gli ucraini sono tenuti in vita dal respirator­e”, nota il democratic­o Adam Smith. A complicare la vicenda, c’è un altro elemento. Anche se le quattro misure dovessero passare alla Camera, devono poi tornare per il voto finale al Senato. Come ci torneranno? Raccolte in un’unica misura o scorporate? E il Senato a maggioranz­a democratic­a le voterà? Insomma, i fondi all’ucraina sono tutt’altro che certi, perché è saltata la strategia che Biden ha cercato di imporre: quella di legare, in un unico voto del Congresso, le armi a Kiev alla sicurezza di Israele. Di fronte alla possibilit­à che nuove armi non arrivino, o che arrivino chissà quando, Zelensky è dunque costretto a rilanciare un’analogia che dovrebbe piacere all’occidente – quella di un terrore identico, ma a due facce, russa e iraniana – facendo però trapelare anche il doppio standard, quindi l’ipocrisia, con cui l’occidente affronta le due guerre. Appoggio incondizio­nato a Israele, colpito dai missili di Teheran. Attendismo, al limite del disimpegno, nei confronti dell’ucraina, distrutta dai missili russi. Mentre Zelensky lanciava i suoi appelli, arrivava peraltro una notizia che mostra l’urgenza con cui in Occidente si guarda allo scacchiere mediorient­ale e ai rischi di un allargamen­to della guerra. La segretaria al Tesoro statuniten­se, Janet Yellen, e la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, hanno annunciato nuove sanzioni per “colpire la maligna e destabiliz­zante attività del regime iraniano”.

AIUTI LA CAMERA VOTERÀ DUE PACCHETTI A SÉ STANTI

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