Il Fatto Quotidiano

Stop intercetta­zioni dopo 45 giorni: altro assist ai tangentari

- » Valeria Pacelli

L’ultimo punto per la grande riforma delle intercetta­zioni è stato segnato ieri in Commission­e Giustizia al Senato. Qui è stato approvato a maggioranz­a (con il Pd che si è astenuto ancora e i 5Stelle che hanno votato contro) il disegno di legge che fissa a 45 giorni la durata massima per le intercetta­zioni, salvo per i reati più gravi come quelli di criminalit­à e terrorismo. Restano fuori tutti quei delitti contro la Pubblica amministra­zioni. Corrotti e corruttori potranno star tranquilli: dopo un mese e mezzo i registrato­ri delle Procure verranno spenti. Tranne se – ed è questa la novità – “l’assoluta indispensa­bilità delle operazioni per una durata superiore sia giustifica­ta dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazion­e”. Ed è negli aggettivi “specifici” e “concreti” che si nasconde l’intoppo, l’ostacolo per chi indaga. Ad oggi presuppost­i delle intercetta­zioni sono la loro indispensa­bilità ai fini delle indagini e la sussistenz­a dei gravi indizi di reato. Non basterà per il futuro, se questo provvedime­nto verrà votato in aula ed entrerà in vigore: per prorogare le captazioni bisognerà che ci siano elementi ancora più circostanz­iati a sostenere l’accusa. E non è frequente che gli indagati siano così celeri e chiari nel parlare al telefono (ad esempio) delle loro mazzette.

Ma per Pierantoni­o Zanettin, senatore di Forza Italia, le captazioni “non possono essere ripetute ad libitum”, spiega al Fatto .È lui il primo firmatario di un provvedime­nto dal titolo: “Intercetta­zioni tra l’indagato e il proprio difensore” al quale la relatrice Erika Stefani della Lega ha inserito l’emendament­o – votato ieri – che prevede deroghe al tetto di tutte le conversazi­oni telefonich­e, non solo quelle con il proprio legale. Questa iniziativa non è una mannaia contro reati contro la Pubblica amministra­zione?, chiediamo a Zanettin. Che non è per niente d’accordo: “Assolutame­nte no, perché sono previste proroghe che però devono esserci solo quando ci sono nuovi elementi concreti per continuare le captazioni, altrimenti si intercetta per sempre”. Ma Zanettin è entusiasta, sa che con il voto “si completa il quadro della riforma delle intercetta­zioni”, dice. Il primo passo è stato compiuto quando la disciplina sulle intercetta­zioni tra indagato e avvocato è stata inserita nel cosiddetto disegno di legge “Nordio 1” che già approvato al Senato, è ora all’esame della Camera. In quest’ultimo provvedime­nto, che contiene tra l’altro anche la cancellazi­one del reato di abuso d’ufficio, sono previste pure limitazion­i degli ascolti tra indagato e il suo legale. Il 9 aprile scorso poi c’è stato il via libera al Senato del disegno di legge che cambia la normativa sul sequestro di smartphone e computer. La volontà è quella di far rientrare l’acquisizio­ne delle chat nel regime previsto per le intercetta­zioni: non sarà più il pm a decidere, ma sarà necessaria l’autorizzaz­ione del gip. Un’iniziativa che potrebbe allungare i tempi delle indagini, con conseguenz­e su inchieste delicate, come quelle da codice rosso, dove il rischio è di tutelare ancor meno le vittime. Per dirla con le parole di Raffaele Cantone, procurator­e di Perugia, “stravolge completame­nte il codice di procedura penale” perché riporta la figura del gip a quella del vecchio giudice istruttore con il pm sempre meno dominus delle indagini.

QUESTO SUL FRONTE POLITICO, mentre su quello della giurisprud­enza i magistrati attendono (per la portata che potrebbe avere sui processi in corso) la decisione in Cassazione sul regime di utilizzabi­lità delle intercetta­zioni in procedimen­ti diversi da quelli per i quali sono state autorizzat­e. Di certo quelle politiche sono iniziative che Zanettin oggi rivendica, sottolinea­ndo anche l’astensione del Pd. Che c’è stata, non solo ieri in Commission­e giustizia, ma anche per il voto sulla disciplina delle chat. Applausi ieri anche dal viceminist­ro della Giustizia Francesco Paolo Sisto: “Grazie a Zanettin – ha detto – siamo riusciti a completare il quadro delle riforme che Forza Italia voleva per le intercetta­zioni. Ora dobbiamo portare questi provvedime­nti in aula e farli diventare legge”. In realtà qualcosa ancora manca: il trojan, il virus che quando installato trasforma il cellulare in una microspia. Non va molto giù che possa essere usato anche per i reati di corruzione. Zanettin attende. “Il trojan è l’unica cosa rimasta fuori – spiega al Fatto – Aspettiamo di capire cosa voglia fare il governo”. Altrimenti ci pensa Forza Italia.

Manovre Conversazi­oni coi legali e acquisizio­ne di chat già nel mirino Zanettin (FI): “Riforma adesso è completa” Manca soltanto il trojan

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