Stop intercettazioni dopo 45 giorni: altro assist ai tangentari
L’ultimo punto per la grande riforma delle intercettazioni è stato segnato ieri in Commissione Giustizia al Senato. Qui è stato approvato a maggioranza (con il Pd che si è astenuto ancora e i 5Stelle che hanno votato contro) il disegno di legge che fissa a 45 giorni la durata massima per le intercettazioni, salvo per i reati più gravi come quelli di criminalità e terrorismo. Restano fuori tutti quei delitti contro la Pubblica amministrazioni. Corrotti e corruttori potranno star tranquilli: dopo un mese e mezzo i registratori delle Procure verranno spenti. Tranne se – ed è questa la novità – “l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione”. Ed è negli aggettivi “specifici” e “concreti” che si nasconde l’intoppo, l’ostacolo per chi indaga. Ad oggi presupposti delle intercettazioni sono la loro indispensabilità ai fini delle indagini e la sussistenza dei gravi indizi di reato. Non basterà per il futuro, se questo provvedimento verrà votato in aula ed entrerà in vigore: per prorogare le captazioni bisognerà che ci siano elementi ancora più circostanziati a sostenere l’accusa. E non è frequente che gli indagati siano così celeri e chiari nel parlare al telefono (ad esempio) delle loro mazzette.
Ma per Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia, le captazioni “non possono essere ripetute ad libitum”, spiega al Fatto .È lui il primo firmatario di un provvedimento dal titolo: “Intercettazioni tra l’indagato e il proprio difensore” al quale la relatrice Erika Stefani della Lega ha inserito l’emendamento – votato ieri – che prevede deroghe al tetto di tutte le conversazioni telefoniche, non solo quelle con il proprio legale. Questa iniziativa non è una mannaia contro reati contro la Pubblica amministrazione?, chiediamo a Zanettin. Che non è per niente d’accordo: “Assolutamente no, perché sono previste proroghe che però devono esserci solo quando ci sono nuovi elementi concreti per continuare le captazioni, altrimenti si intercetta per sempre”. Ma Zanettin è entusiasta, sa che con il voto “si completa il quadro della riforma delle intercettazioni”, dice. Il primo passo è stato compiuto quando la disciplina sulle intercettazioni tra indagato e avvocato è stata inserita nel cosiddetto disegno di legge “Nordio 1” che già approvato al Senato, è ora all’esame della Camera. In quest’ultimo provvedimento, che contiene tra l’altro anche la cancellazione del reato di abuso d’ufficio, sono previste pure limitazioni degli ascolti tra indagato e il suo legale. Il 9 aprile scorso poi c’è stato il via libera al Senato del disegno di legge che cambia la normativa sul sequestro di smartphone e computer. La volontà è quella di far rientrare l’acquisizione delle chat nel regime previsto per le intercettazioni: non sarà più il pm a decidere, ma sarà necessaria l’autorizzazione del gip. Un’iniziativa che potrebbe allungare i tempi delle indagini, con conseguenze su inchieste delicate, come quelle da codice rosso, dove il rischio è di tutelare ancor meno le vittime. Per dirla con le parole di Raffaele Cantone, procuratore di Perugia, “stravolge completamente il codice di procedura penale” perché riporta la figura del gip a quella del vecchio giudice istruttore con il pm sempre meno dominus delle indagini.
QUESTO SUL FRONTE POLITICO, mentre su quello della giurisprudenza i magistrati attendono (per la portata che potrebbe avere sui processi in corso) la decisione in Cassazione sul regime di utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state autorizzate. Di certo quelle politiche sono iniziative che Zanettin oggi rivendica, sottolineando anche l’astensione del Pd. Che c’è stata, non solo ieri in Commissione giustizia, ma anche per il voto sulla disciplina delle chat. Applausi ieri anche dal viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto: “Grazie a Zanettin – ha detto – siamo riusciti a completare il quadro delle riforme che Forza Italia voleva per le intercettazioni. Ora dobbiamo portare questi provvedimenti in aula e farli diventare legge”. In realtà qualcosa ancora manca: il trojan, il virus che quando installato trasforma il cellulare in una microspia. Non va molto giù che possa essere usato anche per i reati di corruzione. Zanettin attende. “Il trojan è l’unica cosa rimasta fuori – spiega al Fatto – Aspettiamo di capire cosa voglia fare il governo”. Altrimenti ci pensa Forza Italia.
Manovre Conversazioni coi legali e acquisizione di chat già nel mirino Zanettin (FI): “Riforma adesso è completa” Manca soltanto il trojan