Draghi si auto(ri)candida: rischia un altro boomerang
Ricordate la battaglia per il Quirinale con “il nonno al servizio delle istituzioni”, Mario Draghi, costretto a rimanere a Palazzo Chigi? Ecco, rischia di arrivare la seconda puntata. “Un cambiamento radicale” per l’europa, quello “di cui abbiamo bisogno”: scandisce le parole, rigorosamente in inglese, Draghi, intervenendo alla Conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali, voluta dalla presidenza di turno belga dell’ue a La Hulpe, vicino Bruxelles. Dopo aver parlato ai ministri europei dell’economia e ai rappresentanti dei gruppi parlamentari a Strasburgo, venerdì interverrà in occasione del Consiglio europeo e poi presenterà il rapporto per il mercato unico, a fine giugno, in occasione del primo Consiglio europeo dopo le elezioni. Pare tanto una sorta di tour elettorale. Draghi in queste ultime settimane è stato tirato in ballo non solo per il Consiglio europeo, ma pure per la Commissione. Ma il gioco di incastri e gli equilibri politici non rendono le ipotesi poi così concrete. E la dinamica, con l’ex premier che palesa la propria disponibilità, somiglia molto a quella del Quirinale. Finì con la standing ovation del Parlamento per Mattarella rieletto e le dimissioni – quasi stizzite – di super Mario sei mesi dopo, alle prese con una delusione cocente. Ieri, a lanciare Draghi è stato Matteo Renzi, per conto di Macron (e di Renew Europe). Nelle cancellerie europee non è un mistero che il presidente francese stia spingendo quest’ipotesi. Ma quel posto tocca a un Popolare. Cioè a Ursula von der Leyen, le cui quotazioni sono in ribasso. Difficile però pensare che i tedeschi rinuncino a quella casella. A meno che Ursula non venga bocciata e l’ex premier sia acclamato come salvatore della patria. A proporlo, comunque, dovrebbe essere Macron. Che però gioca su più tavoli: uno prevederebbe di portare la Lagarde alla Commissione, liberando il posto alla Bce per i tedeschi, per rinsaldare l’asse con la Germania.
Per Draghi è in salita pure il Consiglio: il posto di Presidente dovrebbe andare ai Socialisti. E poi, l’europa che immagina lui con il debito federale e più sovranità condivisa non convince troppo né i baltici, né i nordici. Ieri, l’ex Bce ha ricevuto l’endorsement di La Russa (“ha i titoli per ambire a ogni ruolo”) e di Orbán (“Mi piace, è bravo”). Non proprio gli sponsor migliori. Comunque, Meloni, portando Draghi alla Commissione, non solo non avrebbe il Commissario italiano, ma sarebbe pure parzialmente commissariata. La strada all’ex Bce non può sbarrarla. Il sospetto che queste reazioni arrivino per bruciarlo, sorge spontaneo.