Gerusalemme Est: 20 nuovi insediamenti avallati dai ministri
Molte zone di Gerusalemme Est sono punteggiate da cantieri, soprattutto nella zona sud-orientale. Il motivo è incendiario e molto preoccupante, non solo per chi vorrebbe la nascita di un vero stato palestinese: il governo israeliano ha accelerato la costruzione di insediamenti in tutta Gerusalemme Est, con più di 20 progetti per un totale di migliaia di unità abitative approvati o sviluppati dall’inizio della guerra a Gaza sei mesi fa.
Lo ha rivelato il Guardian che è riuscito a visionare i documenti di pianificazione. Gerusalemme Est è parte della Cisgiordania occupata nonché capitale di quello che dovrebbe diventare lo Stato di Palestina, secondo il diritto internazionale. Il suo status è da sempre il capitolo più delicato della disputa Israelo-palestinese ed ebreo-musulmana trovandosi qui i principali luoghi di culto di entrambe le professioni. “La rapidità di realizzazione di questi piani non ha eguali negli ultimi sei mesi”, ha affermato Sari Kronish, dell’organizzazione israeliana per i diritti umani Bimkom–planners for Planning Rights. Mentre molti enti governativi sono stati chiusi o sono stati obbligati a limitare la propria attività, dopo il 7 ottobre le autorità di pianificazione hanno continuato a lavorare alacremente, portando avanti questi piani a una velocità senza precedenti”.
LE AUTORITÀ DI PIANIFICAZIONE israeliane hanno approvato due nuovi insediamenti, tra l’altro i primi a essere approvati a Gerusalemme Est in più di un decennio. Anche l’espansione dell’insediamento Kidmat Zion, nel cuore del quartiere palestinese di Ras al-amud, è destinato ad andare avanti in attesa della reazione dei gerosolimitani palestinesi. Due grandi progetti affiancano ora la comunità palestinese di Beit Safafa, la maggior parte della quale si trova a Gerusalemme Est. Uno, noto come Givat Hamatos, è stato congelato per un decennio a causa dell’opposizione internazionale. Per dare luce verde a tutti i progetti di costruzione più impegnativi e controversi si sono mossi i ministeri e gli uffici del governo, spesso in associazione con gruppi nazionalisti dell’estrema destra destra noti per i raid notturni in cui sfrattano con armi e la complicità della polizia israeliana i palestinesi e i cristiani dalle loro case, in particolare nella città vecchia. Uno di questi è Ateret Cohanim, che partecipa anche al finanziamento di alcuni dei nuovi insediamenti.
Il suo direttore, Daniel Luria – un ebreo osservante di origine australiana che ha fatto ritorno in Israele trent’anni fa – ci ha dato questa spiegazione che non lascia dubbi sulle intenzioni: “Per noi non si tratta di sfratti e di furto bensì di acquisizioni di terre e case che spettano a noi dai tempi della Bibbia”. I coloni si basano anche sulle legge della Knesset del 1980 in cui Gerusalemme Est è stata annessa unilateralmente a Israele. La maggior parte dei paesi tuttavia non l’ha mai riconosciuta. La rapida approvazione o costruzione di insediamenti illegali secondo il diritto internazionale rischia di danneggiare ulteriormente il rapporto di Israele con l’amministrazione Biden. Il presidente americano non apprezzerà di certo questa ennesima violazione della Quarta Convenzione di Ginevra a proposito dei doveri a cui sono tenute le potenze occupanti nei confronti degli occupati.
Anche l’espansione di Kidmat Zion, nel cuore del quartiere palestinese di Ras al-amud, è destinata ad andare avanti assieme a quella di Givat Hamatos, congelato per un decennio a causa dell’opposizione internazionale. I lavori sono ripresi nel 2020. Secondo i documenti di pianificazione ufficiali più recenti, il “promotore” e “richiedente” del progetto è l’autorità fondiaria israeliana, un ente governativo. Il documento elenca le parti interessate come, tra gli altri, lo Stato di Israele e il comune di Gerusalemme. Dai documenti ufficiali visionati dal Guardian risulta che l’ente che ha formalmente depositato il piano è la Jerusalem Development Authority, un organismo statale che mira a “promuovere Gerusalemme come città leader a livello internazionale nel settore economico e nella qualità della vita nel settore pubblico. Tutto ciò costituirà un enorme ostacolo a qualsiasi tentativo plausibile di creare uno Stato palestinese.
Le rivelazioni Il “Guardian”: “Migliaia di case ‘approvate’ dalla guerra a Gaza con una velocità mai vista”, mentre i coloni sfrattano i palestinesi