FRIDAY2024, IN PIAZZA PER IL CLIMA MA ANCHE INSIEME AI PALESTINESI
Due giorni, una sola lotta. A cinque anni dalla prima mobilitazione, il movimento torna in piazza per una mobilitazione che lega la questione climatica al mondo del lavoro e alla liberazione della Palestina. Il 19 aprile si terrà lo sciopero per il clima organizzato da Fridays for Future. Tante piazze italiane, da Torino fino a Catania, vedranno una mobilitazione che unisce la lotta contro la crisi climatica alla questione sociale, sotto lo slogan “Riprendiamoci il futuro”.
In questa prospettiva, Fridays for future Italia ha recentemente attivato una campagna nazionale Intitolata “Lavori climatici” che si pone l’obiettivo di accompagnare lavoratori, lavoratrici e sindacati in una riconversione dei modelli di produzione in chiave sostenibile, orizzontale e senza dovere accettare passivamente soluzioni miopi e poco lungimiranti delle istituzioni. La data del 19, inoltre, sarà affiancata a quella del 20, per una convergenza nazionale su Milano a fianco dei lavoratori del collettivo di fabbrica GKN. Per questo sciopero, il movimento ha deciso di mostrare ancora una volta come la giustizia climatica e quella sociale siano strettamente interconnesse. Il caso GKN ha dimostrato la necessità di nuove politiche industriali per una pianificazione democratica attraverso il rilancio di strumenti già esistenti, come la legge Marcora – da riportare alla sua versione originaria –, e la necessità di un fondo di riconversione ecologica e industriale per un forte intervento pubblico nazionale o regionale. Tuttavia, il governo italiano non si sta adoperando per raggiungere questi obiettivi: la revisione del Pniec va in una direzione opposta ai già poco radicali impegni sul clima, essendo incentrata su gas e mobilità privata. Anche il recente Piano Mattei, retaggio dei governi precedenti, usufruendo di 3 miliardi dal Fondo italiano per il clima, ambisce a rendere l’italia il nuovo hub del gas europeo, a scapito di una transizione che, invece, sarebbe necessaria. La data del 19 aprile è, inoltre, un’occasione per ribadire quanto le lobby fossili siano legate a guerre e conflitti. È opportuno ad esempio evidenziare il caso di Eni, che a ottobre 2023 ha ottenuto varie licenze da Israele per esplorare il mar Mediterraneo orientale al largo di Gaza, zona che, secondo l’onu e il diritto del mare, appartiene per il 62% alla Palestina. Lo scorso febbraio al colosso fossile è stato intimato da uno studio di legali con sede negli Stati Uniti di non procedere con le operazioni, ma a oggi Eni non sembra intenzionata a fermarsi. Inoltre, la realizzazione del progetto Eastmed-poseidon
in cui è coinvolta anche Edison (sotto controllo del gruppi francese Edf), approvato a marzo dall’unione europea nonostante numerose critiche, prevede un gasdotto che parte dai giacimenti al largo di Israele e Cipro, mostrando ancora una volta un atteggiamento colonialista e opportunista da parte dell’occidente.
Troviamo quindi piena coincidenza fra gli obiettivi assunti dal nostro governo e dalle aziende fossili, obiettivi che vedono nel popolo palestinese un ostacolo agli interessi nella corsa ai combustibili fossili espropriati alla stessa Palestina. Per porre fine a questa catastrofe, è necessario quindi fermare sia il genocidio sia i giacimenti fossili, in modo da raggiungere la pace e poter avviare una transizione energetica giusta ed equa. In un’italia in cui gli sforzi del governo sembrano concentrati sull’investimento in combustibili fossili e sulla repressione del dissenso della popolazione, piuttosto che sulla tutela dei cittadini e delle cittadine dalla catastrofe climatica, scendere in piazza come forma di resistenza è fondamentale. Per spingere a informarsi e compiere scelte consapevoli, oltre che a lanciare un messaggio forte di resistenza e dissenso ai governi.
2 CORTEI A MILANO ANCHE IL 20 PER I “LAVORI CLIMATICI” E A SOSTEGNO DELLA GKN