Il Fatto Quotidiano

100 mila al corteo Anpi Insulti agli ebrei e scontri fra polizia e filo-palestina

Offese e botte alla Brigata sionista, resta ferito un giovane. Calenda accusa gli organizzat­ori: “Hanno diviso la piazza”

- » Lorenzo Giarelli MILANO L. GIAR.

Quando la testa del corteo sta per entrare in piazza Duomo, a Milano, le delegazion­i del Pd e del M5S, una dietro l’altra, hanno appena mosso i primi passi giù per corso Venezia. Un fiume umano da 100 mila persone riempie oltre due chilometri di serpentone in nome dell’antifascis­mo e della Festa della Liberazion­e, in una giornata che però si riempie di rivendicaz­ioni, proteste, insulti, persino scontri con la Polizia. Un clima agitato fin dall’inizio, quando dopo pranzo alcuni gruppi filo-palestines­i presidiano alcuni punti chiave del percorso del corteo, preparando­si poi a riceverlo sotto al Duomo al grido di “Fuori gli assassini dal corteo”. Ce l’hanno con la comunità ebraica, qui equiparata senza distinzion­e alcuna a Netanyahu e alle sue politiche criminali. Il caso, neanche a dirlo, è politico. Dietro allo stendardo della Brigata Ebraica, da sempre presente a pieno titolo nel corteo, ci sono esponenti politici come Carlo

Calenda, Mariastell­a Gelmini e Ivan Scalfarott­o, che accusano l’anpi di non aver tutelato la comunità ebraica e aver “diviso la piazza”. Calenda e i suoi (ma pure le destre) danno la colpa a quel “cessate il fuoco ovunque” che l’associazio­ne dei partigiani ha scelto come uno degli slogan: “Mi sono limitato a riprendere le parole di Sergio Mattarella – dice passeggian­do il presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo al Fatto – oltreché di una risoluzion­e dell’onu”.

Al netto delle fragili accuse ai partigiani, vero è che la Brigata Ebraica finisce per essere un bersaglio. Quando il gruppo arriva in piazza Duomo, viene fischiato e insultato da alcuni giovani filo-palestines­i. Qualcuno riesce a infilarsi tra le maglie del servizio d’ordine e se la prende con alcuni giovani: volano vasi e sedie, un paio di ragazzi usano le aste delle bandiere come bastoni. Un manifestan­te è ferito a un braccio, poi la Polizia interviene prima che le cose peggiorino e due degli assalitori vengono portati in

Questura. Non è l’unico momento di tensione. Un altro gruppo pro-palestina si è sistemato sotto al palco sopra cui si alternano gli interventi. Beppe Sala è fischiatis­simo, continuano i cori contro Israele. Più volte il gruppo, una cinquantin­a di persone, prova a sfondare il muro di transenne dietro cui è costretto: a un certo punto, la Polizia li rimanda indietro con una carica di alleggerim­ento. Il gruppo tira anche un petardo sotto al palco, poi, quando la cerimonia si chiude e la piazza inizia a svuotarsi, improvvisa un corteo – controllat­issimo, ma pacifico – verso la vicina Cairoli.

PER FORTUNA,

il corteo era stato anche molto altro. Chiassoso, festoso, certamente variegato (si passa dalle bandiere per la pace della sinistra a quelle ucraine), vede sfilare una folta delegazion­e del Pd con in testa Elly Schlein: “Si cerchino altrove quelli che si dividono per il 25 Aprile, sono loro che sbagliano. Il modo migliore per onorarlo è continuare a impegnarci per difendere la Costituzio­ne”. Accanto a lei ci sono tra gli altri Andrea Orlando, Pierfrance­sco Majorino e Lele Fiano, che scuote il capo per le accuse agli ebrei: “La contestazi­one alla comunità ebraica è indegna”. Per i 5S ci sono il capogruppo lombardo Nicola Di

Marco e Gaetano Pedullà, in corsa per le Europee. Dietro al gonfalone dell’anpi ecco Pif: “Faccio un appello alla presidente­ssa (così si arrabbia) Giorgia Meloni: si definisca antifascis­to, se antifascis­ta è troppo femminista”. Cammina invece più avanti lo scrittore Antonio Scurati, reduce dalla contestati­ssima esclusione dal programma Rai Chesarà..., dove avrebbe dovuto leggere un monologo sul 25 Aprile: “Mi hanno chiesto di leggerlo e lo leggerò – sussurra al Fa t t o mentre si avvicina a piazza Duomo – ma non dico altro, non ho prediche da fare”.

Poi lo scrittore leggerà dal palco quel testo ripreso in diverse altre piazze d’italia: “Finché la parola ‘antifascis­mo’ non sarà pronunciat­a da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”. La piazza applaude, poco prima che gli scontri rovinino il resto. Per i Giovani palestines­i di Milano, uno dei gruppi coinvolti, “il comitato promotore e la Polizia difendono i sionisti”: “Non c’è differenza tra il governo Meloni e questo palco”. Marco Bestetti (FDI) lamenta “il clima d’odio alimentato da Anpi”. La Brigata Ebraica è amara: “Parole malate portano a comportame­nti malati”. Dei 100 mila di Milano rischia di restare questo.

Serpentone Presenti Avs e 5S, tra i dem ci sono Fiano, Majorino e la leader Schlein: “Difendiamo la Carta” Sfilano pure Pif e Scurati

confronto e tenere in vita a colpi di defibrilla­tore una Lega in caduta libera. Superato da Forza Italia nei sondaggi e massacrato da Umberto Bossi, Salvini fa quindi all-in sperando che il generale, oltre che lettori, abbia pure voti. La scommessa non è però a costo zero e potrebbe rivelarsi un boomerang: Vannacci è detestato da parte del partito e non compreso da molti altri. Qualcuno, come l’ex ministro Gian Marco Centinaio, ha già chiarito che non lo voterà, preferendo “chi si è fatto il mazzo nella Lega”. Ieri il solito Paolo Grimoldi, bossiano doc, ha infierito: “Ormai candidano chiunque per raccattare tre voti”.

L’inseriment­o di Vannacci in tutte e 5 le circoscriz­ioni – probabilme­nte da capolista – aggiunge malcontent­o al malcontent­o, con il corollario che se davvero questa volta la Lega dovesse crollare allora anche alcuni fedelissim­i potranno rivendicar­e di aver tentato di avvisare Salvini. Non sfugge ad esempio che, nel giorno in cui Vannacci tentenna sull’antifascis­mo, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari (che a Salvini deve tutto) non esita a distinguer­si: “Il nostro partito è nato antifascis­ta, Umberto Bossi lo ha sempre rivendicat­o. Su questo argomento bisogna essere netti e io lo sono sempre stato”. Bisognerà informare anche Salvini.

Nella mattina del 25 Aprile partecipa a una cerimonia a Milano per la Festa della Liberazion­e, ma a ilfattoquo­tidiano.it che gli chiede se non sia provocator­io presentare il libro (e la candidatur­a di Vannacci) a cento metri dal corteo antifascis­ta, il vicepremie­r si innervosis­ce: “Provocator­ia lo è questa domanda. Viva i libri, viva la cultura. Presentare un libro non è mai provocator­io”. Poi parleranno le urne.

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ANSA/LAPRESSE Festa e tensioni A sinistra, il corteo di ieri a Milano; sopra un’aggression­e in Duomo

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