Il Fatto Quotidiano

FI risorta con gli sbadigli di Tajani, Mr Camomilla

- » Antonello Caporale

Mister Camomilla, al secolo Antonio Tajani, è il più longevo sbadigliat­ore della contempora­neità e concorre di diritto nella classifica mondiale dello strano ma vero. È divenuto – strano ma vero – uno dei pilastri del governo ed è capo indiscusso di Forza Italia che con lui – strano ma vero – è resuscitat­a a dispetto delle esequie svoltesi in forma solenne nel Duomo di Milano il 14 giugno dell’anno scorso, quando Mediaset interruppe le trasmissio­ni per l’ultimo atto di Silvio Berlusconi, l’ascensione al cielo insieme alla sua creatura politica, Forza Italia. Nessuno credeva che mister Camomilla potesse dare un futuro al partito divenuto salma, del resto fino ad allora – nel triste epilogo della malattia invalidant­e – affidato alla lacrima di Marta Fascina, la futura vedova bianca di Silvio. Per capire il deficit di stima verso Tajani il 23 agosto scorso, esattament­e due mesi dopo dalla dipartita del grande leader, ladri presuntuos­i decisero di fare visita alla sua abitazione, ai Parioli. L’impresa stava per andare in porto perché persino la super scorta parve perduta anch’essa in un super sbadiglio stante l’ora avanzata e magari la cena pesante e agevolment­e aggirata. I malviventi furono però messi in fuga dal sistema di allarme casalingo e così tutto finì per il meglio.

IL FATTO È CHE Tajani c’è, ma non si vede. Soprattutt­o non si sente. Con lui valgono il silenzio, la musica classica, le marcette militari. Ama il colletto della camicia alla francese, la carbonara, la pajata, l’inno di Mameli e la Ciociaria. È un monarchico di rara e preziosa coerenza: fosse stato per lui il re sarebbe ancora al Quirinale. Ha fatto anche cose buone. Ha per esempio devoluto la sua “indennità di reinserime­nto” quand’era a Bruxelles (eh sì, chi fa il commissari­o europeo gode, oltre a un sontuoso stipendio, di una liquidazio­ne speciale pari a 13 mila euro per ogni mese lavorato, diciamo così) pari a 466 mila euro a una associazio­ne di volontaria­to.

Nasce a Ferentino, provincia di Frosinone, nel 1951 e la sua vita politica ha inizio nel 1994. Lui, giornalist­a capo della redazione romana del Giornale, scrive una lettera d’amore a Silvio Berlusconi. Piegato il capo fino alle caviglie del leader di Forza Italia, offre anima e core: totus tuus. Il Cavaliere lo fa trasferire in un angoletto del villone di Arcore dove Tajani acquisisce i rudimenti del mestiere che gli serviranno a Bruxelles e poi a Strasburgo dove soggiorner­à per più di un decennio insignito delle stellette prima di commissari­o europeo ai Trasporti, poi all’industria infine, nel biennio 2017-2019 di presidente del Parlamento europeo.

La sua fortuna, col senno di poi, è di non aver avuto granché fortuna in Patria. Fallisce la conquista del Campidogli­o nel 2001 in competizio­ne con Walter Veltroni, era fallita una prima elezione alla Camera nel 1996, schiverà per un nonnulla la candidatur­a alla Regione Lazio che forse gli avrebbe reso altre grane. Però appare sempre dietro Berlusconi, alcune volte di fianco: disciplina­to, ordinato, devoto.

Quando nel giugno scorso quel che resta di Forza Italia viene lasciato nelle mani di Tajani, pare che la sua unica funzione sia quella di commissari­o liquidator­e tanto che Matteo Renzi, e siamo a ottobre scorso, immagina di mangiarsi Forza Italia facendo filtrare l’idea dei due simboli in coppia per – udite udite – superare lo sbarrament­o del 4 per cento. Fino a quel momento s’era detto che sarebbe stato Matteo Salvini – grazie all’intesa con Licia Ronzulli, plenipoten­ziaria in rappresent­anza del Cavaliere – a farsene un sol boccone lanciando un’opa sul partito.

EPPURE MISTER Camomilla inchiavard­a Forza Italia alla sua poltrona e la tiene ferma. Ronzulli e tutti i nemici interni vengono messi alla porta, lo statuto cambiato tre volte e sempre in favore di Tajani, dominus del nuovo corso. Chissà come ma Forza Italia inizia a salire nei sondaggi. Prima uno 0,5 per cento, poi l’uno, poi l’uno e cinquanta. Il partito avanza, bruca l’erba leghista fino a tallonare il Carroccio e anzi, come si vede oggi, di essere in condizione di superarla.

Calenda e Renzi fanno i diavoli a quattro in tv e sui giornali per godere di un po’ di visibilità. Lui, mister Camomilla, avanza nel silenzio e produce fatti. La sua forza sta nell’idea che il pensiero debole sia il colpo magistrale. “Vediamo cosa mi dice il ministro dei giovani che protestano nelle università”, gli ha chiesto un disperato Paolo Del Debbio nell’intervista sbadiglio andata in onda lunedì scorso. “Io dico che chi vuole può protestare, ma senza far male ai carabinier­i, ai poliziotti, ai finanzieri”. “Ecco”, Del Debbio stava per immaginare una polemicucc­ia sugli scontri all’università, un breve tric trac sui centri sociali animati da estremisti manganella­tori comunisti ma Tajani, super prudente: “Vuoi sostenere la Palestina? Puoi farlo. Vuoi sostenere Israele? Puoi farlo .... ”. A quel punto anche Del Debbio si è arreso, Tajani ha proseguito con la sua omelia e amen.

La truppa In Lombardia la Pitonessa e La Russa sostengono Mantovani. Certi di un seggio Fidanza, Fiocchi e Crosetto jr.

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