Israele, truppe verso Rafah Uccisi cooperante e il figlio
Israele continua i preparativi per l’annunciata irruzione a Rafah, l’ultimo rifugio di oltre un milione di palestinesi nella Striscia, tra riunioni del gabinetto di guerra, riposizionamenti delle brigate combattenti e nuovi raid aerei sulla città, in cui sono morti ieri anche un cooperante di un’agenzia belga e il figlio di 7 anni. Con gli Stati Uniti che da una parte ribadiscono la loro contrarietà all’operazione cercando di convincere Israele che esistano “altri modi per colpire Hamas”, e dall’altra riuniscono una coalizione di 18 Paesi per chiedere “il rilascio immediato di tutti gli ostaggi a Gaza” come precondizione “affinché si raggiunga un cessate il fuoco”. Insieme agli Usa, all’iniziativa hanno aderito Francia, Germania, Uk e altre 14 delle 25 nazioni che hanno loro cittadini nelle mani di Hamas.
“LE PRESSIONI
americane non hanno valore”, ha tuttavia subito replicato un alto funzionario della fazione palestinese, Sami Abu Zuhri, reiterando la richiesta della fine della guerra nella Striscia come parte di qualsiasi eventuale accordo per la liberazione dei rapiti. Lo Stato ebraico, però, sembra non voler demordere dai suoi piani, convinto che a Rafah si nascondano gli ultimi quattro battaglioni di Hamas e siano detenuti molti degli ostaggi. L’esercito ha già detto di essere pronto a entrare in città e di attendere solo il via libera del governo Netanyahu: con un riposizionamento tattico, nelle ultime ore l’idf ha richiamato dalla Striscia anche la Brigata Nahal. l’ultima rimasta nel sud dopo il ritiro delle truppe di terra del 7 aprile. per prepararsi all’imminente operazione con il resto della 162ª Divisione che, stando all’esercito, dal centro di Gaza si sta già avvicinando a Rafah.
Nel timore che l’attacco alla città di confine scateni un massiccio esodo di sfollati palestinesi nel Sinai che metterebbe a rischio “la sicurezza nazionale dell’egitto”, il presidente Al Sisi è tornato a opporsi a “una migrazione forzata” dei civili di Gaza sventolando la bandiera della “causa palestinese” e paventando “conseguenze catastrofiche”. L’egitto ha quindi presentato alla delegazione israeliana un’iniziativa che prevede il congelamento dei piani di assalto a Rafah contro un cambio di passo nei negoziati: Hamas avrebbe proposto un cessate il fuoco della durata di un anno in cambio della sospensione degli attacchi contro Israele. Ma Hamas continua ad alzare la posta: tregua di cinque anni in cambio della creazione di uno Stato palestinese nei confini precedenti il 1967. “Non ci sarà mai uno Stato palestinese con Hamas”, ha tagliato corto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby.