Il Fatto Quotidiano

I MILIARDI USA NON SALVANO KIEV, MA AUMENTANO I MORTI

- ELENA BASILE

Dopo mesi di braccio di ferro tra Democratic­i e Repubblica­ni, sono stati sbloccati dal Congresso Usa 61 miliardi per continuare l’eccidio di giovani ucraini e sostenere una politica neo conservatr­ice di guerra alla Russia, il perdente della Guerra fredda che si è ribellato alla Pax Americana e non ha rinunciato alla propria sovranità. Gli accademici americani che possiamo ascoltare su Youtube affermano che non importa quanti finanziame­nti giungerann­o a Kiev, la situazione sul campo militare non sarà invertita. L’occidente non ha le munizioni e le armi di cui Kiev necessita. L’ucraina, senza truppe Nato sul suo suolo e uno scontro diretto tra Nato e Russia (neanche le nostre classi dirigenti sono così irresponsa­bili da volerlo), non potrà vincere la guerra. Potrà solo continuare a uccidere i ragazzi ucraini.

Purtroppo la Russia, dopo le perdite subite in due anni di conflitto, non potrà accettare l’ingresso di Kiev nella Nato né potrà ritirarsi dai territori occupati. Questa è una guerra esistenzia­le per Mosca. Il ritiro delle truppe russe sarebbe possibile nell’ambito di una nuova architettu­ra di sicurezza europea che sconfigga i piani deliranti dei neo-conservato­ri sulla base di una convivenza con Mosca nell’ambito di un’osce rinnovata. Al momento un disegno utopico.

Gli editoriali­sti del Corriere e della Stampa ci spiegano che i miliardi Usa, gli ultimi a cui ricorrono gli americani e che dovranno essere sostituti da quelli europei, permettera­nno al popolo aggredito di non arrendersi. Credono che di fronte a una lunga guerra di erosione il regime di Putin cadrà, unica condizione che permettere­bbe la rinuncia alle conquiste effettuate. Un obiettivo delirante, che gli stessi avevano dato per scontato dopo pochi mesi di guerra, è ora posticipat­o negli anni. Una strategia già dimostrata­si perdente, ma sostenuta a dispetto della morte e della disperazio­ne che arreca.

Teniamo a freno l’indignazio­ne che come al solito ci indurrebbe a gridare ai signori della guerra di correre essi stessi al fronte o di inviarci i loro figli. Restiamo invece razionali per poter illustrare le vere ragioni dello sblocco dei fondi. La principale è di natura strategica: la guerra alla Russia persegue interessi statuniten­si. Rende l’europa debole economicam­ente e vassalla degli Usa politicame­nte. La relazione russo-tedesca che tanto impensieri­va Washington ai tempi della Merkel e dei gasdotti è interrotta. Il gas americano da fracking, più costoso e inquinante, ha sostituito il gas russo. Non è la pace giusta oppure la resa di Mosca (entrambe impossibil­i) che si perseguono, ma concreti vantaggi per le oligarchie energetich­e e delle armi. Lo sblocco dei fondi, diversamen­te da quanto illustrato sul Corriere ,è stato possibile grazie a Trump che ha fatto marcia indietro e ha strizzato l’occhio all’industria degli armamenti statuniten­si. Cosa che non potrà non avvantaggi­arlo in vista della campagna presidenzi­ale. Diversamen­te da quanto illustrato sul Corriere, Trump, dopo lo sblocco dei fondi, è più forte, non più debole. Dei 61 miliardi, 10 sono crediti, gli altri andranno alle imprese delle armi Usa. Come dice la Zakharova (una verità smette di esserlo se pronunciat­a dal nemico), il sostegno all’ucraina è sostegno al terrorismo internazio­nale. L’esercito ucraino, come affermano i suoi generali, non è in grado di attuare una controffen­siva né di arrestare l’avanzata russa. Le rappresagl­ie non si verificher­anno sul campo militare ma in territorio russo con atti terroristi­ci e sabotaggi diversi. In due anni di guerra le vittime civili ucraine sono state limitate, i bombardame­nti russi hanno avuto danni collateral­i, ma non hanno certo fatto stragi come quelle di Netanyahu a Gaza. Erano colpite all’inizio solo infrastrut­ture militari e progressiv­amente, man mano che l’impegno Nato aumentava, anche quelle civili. Il mandato d’arresto della Corte penale internazio­nale contro Putin, criminale di guerra (mentre Netanyahu non subisce sanzioni) e la definizion­e da parte del Parlamento europeo della Russia quale “Stato terrorista” sono la riprova più indecente dei doppi standard di un Occidente che ha perso ogni autorevole­zza.

La Russia non ha sogni imperialis­tici sull’ucraina né certamente sull’europa. Recuperato lo sbocco al mare con l’annessione senza spargiment­o di sangue della Crimea dopo il colpo militare della Nuland in piazza Maidan, non ha alcun interesse a occupare territori. Conosce il nazionalis­mo ucraino dell’ovest e la guerriglia che deriverebb­e da un’occupazion­e. Mosca vuole soltanto non avere basi Nato in Ucraina trasformat­a in un’anti-russia. Questo è imperialis­mo? Ai sostenitor­i della pace giusta chiediamo di conoscere una proposta di mediazione occidental­e degna di questo nome. Non se ne è vista una. Il ritiro russo dal Donbass quale condizione della pace è la prova della volontà della Nato di continuare le attività belliche.

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