Mirafiori, gli incentivi di Urso sono inutili
Lo avevano già gridato i metalmeccanici in corteo il 13 aprile scorso e lo ripetono adesso i pochi operai che escono ancora dalla mitica Porta 2 di Mirafiori: “Senza nuovi modelli e 100 mila vetture prodotte in un anno, questa fabbrica muore. Anzi, è già morta”. Un triste presagio che, per almeno un mese, sarà già attualità: quando, dal 7 maggio al 3 giugno, le Carrozzerie del più grande stabilimento di auto europeo si fermeranno. Niente 500 elettriche per 28 giorni, un modello che senza incentivi non vende dal settembre scorso (nei primi tre mesi del 2024 ne sono state immatricolate appena 614), mentre cassa integrazione e solidarietà erano già state programmate da Stellantis sino ad agosto.
Una “prospettiva disperata”, come ormai si sente ripetere nel
torinese. E alla quale fa da contraltare ciò che emerge dall’entourage del ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, ormai impegnato in un braccio di ferro con l’ad di Stellantis, Carlos Tavares. Che, alla vigilia dello sciopero del 13 aprile, si era presentato a Torino chiedendo nuovi incentivi e minacciando chiusure di stabilimenti in Italia in caso di arrivo di nuovi produttori dalla Cina. Dall’entourage di Urso si replica facendo filtrare dati da depressione: sarebbero poco più di duemila le 500 elettriche vendute nel 2023 grazie agli incentivi.
NUMERI PESSIMI confermati dal sindacato: “Degli incentivi auto dell’anno scorso, solo il 40% ha riguardato modelli prodotti da Stellantis – spiega Giorgio Airaudo, segretario piemontese della Cgil –. Di quel 40%, infine, solo la metà è riconducibile a vetture allestite in
Italia. Vuol dire che non è con questo strumento che si risolvono i problemi”. Ed ecco dunque che la questione torna alle polemiche delle settimane scorse: “Il governo Meloni deve convocare Tavares e chiedergli chiarezza definitiva, mentre Urso deve dire qualcosa di più sulle voci di possibili arrivi di produttori cinesi – conclude Airaudo –. Soprattutto, se verranno oppure no al Nord. In un’area, come quella di Torino, dove Stellantis sta vendendo il modernissimo stabilimento della ex Bertone e dove sono già dismesse tre fabbriche della Pininfarina. Realtà tutte vicine alle autostrade e alle vie di trasporto”.
Nessuna novità, invece, sul possibile trasferimento della produzione della 500 termica e ibrida dalla Polonia a Torino. Una soluzione che i sindacati considerano però solo un espediente per prolungare l’agonia di Mirafiori. Insindacato fatti, quel modello è destinato oggi al mercato del Nord Africa e non è in regola con le norme Ue sulle emissioni. Sarebbe necessario un profondo restyling, accompagnato anche a un nuovo pianale utilizzabile sia per il modello elettrico che per quello endotermico. Nella sua visita torinese, Tavares aveva annunciato un investimento di 100 milioni per una batteria più leggera per la 500 elettrica che la renda più competitiva e meno cara. Una somma alla quale si dovrebbero aggiungere almeno altri 50 milioni per il triplo crash test per le modifiche del frontale e dei due lati della vettura. Ma sono soprattutto i tempi dei riallestimenti (compresi quelli per la linea di montaggio) che farebbero slittare tutto alla fine del 2026. Una chimera per Mirafiori che, tra due settimane, proverà già a vivere il destino di una fabbrica chiusa.