Il Fatto Quotidiano

“L’abuso, Warhol e Naomi furiosa coi presidenti Usa”

L’INTERVISTA Piero Piazzi L’agente delle supermodel: “Ma ora è un’altra epoca, in alcune agenzie c’è un clima da concorso di bellezza per cani”

- LA SUA ONLUS PER I BAMBINI IN AFRICA » Peter Gomez

L’appuntamen­to per l’intervista viene fissato quindici giorni “TO GET THERE” dopo la nostra telefonata. Piero Piazzi, l’uomo che il New York Times ha definito the king of models è in partenza. Non per Parigi o per qualche shooting fotografic­o, ma per Gulu in Uganda dove To Get There, la sua onlus si occupa di bambini poveri con gravi problemi psicologic­i e di salute. Sì, perché dietro al sorriso di Piero, dietro la sua storia di agente, scopritore e amico delle donne più belle del mondo, da Naomi Campbell a Carla Bruni, da Eva Riccobono a Maria Carla Boscono passando per Monica Bellucci e Lea T, ce ne è un’altra. Fatta di volontaria­to, di assistenza ai malati di Aids e di testimonia­nza in favore della salute mentale e della lotta alla depression­e, la malattia di cui ha a lungo sofferto. E allora eccolo qui Piero Piazzi da Bologna, 60 anni vissuti come fossero 120, mentre si racconta a cuore aperto seduto sulla sua poltrona di presidente della Women Management, l’agenzia del gruppo Elite (230 milioni di dollari di fatturato) da cui proviene il 70% delle modelle al lavoro sulle passerelle.

Piazzi, come è iniziata? Per caso. Avevo 16 anni ed ero in gita con la scuola a Milano. Per strada mi vede Beatrice Traissac, che guidava la più importante agenzia dell’epoca e mi chiede se volevo lavorare con loro come modello.

I suoi come la presero?

Male. Io vengo da una famiglia borghese, molto cattolica. Con mio padre Arrigo avevo un rapporto difficile. Non lo vedevo mai e quando c’era non mi considerav­a.

Che lavoro faceva?

Era direttore amministra­tivo del Resto del Carlino. A casa a volte riceveva l’editore, il petroliere Attilio Monti, e molti politici. Soprattutt­o Dc e repubblica­ni come Spadolini. Mia madre era una virago, una specie di uomo. Credo che la mia bisessuali­tà sia venuta da lì: dal non aver conosciuto in famiglia la parola amore.

Dura...

Sì, anche perché a 11 anni, durante un viaggio studio, in un albergo fui abusato da un cliente. Per anni questa cosa l’ho rimossa. Poi grazie alla psicoterap­ia il ricordo è riemerso. Da bambino avevo molti problemi psicologic­i. Ero sempre solo. Gli unici amici erano quelli oltre la siepe.

Oltre la siepe?

Sì, il nostro giardino confinava con quello di un istituto per ragazzi affetti dalla sindrome di down. Avevo fatto un buco e io giocavo con loro. È da allora che ho una passione per le persone speciali.

Fare il modello le permise insomma di fuggire...

Appena maggiorenn­e mi fecero un contratto di cinque anni a New York. Studiai per gli esami di maturità da privatista negli Stati Uniti.

Immagino le distrazion­i... Be’, è stato istruttivo e molto divertente. Erano gli anni dello Studio 54. Finivamo le serate e andavamo a casa di Andy Warhol, alla Factory. C’era Elsa Peretti, Bianca Jagger, Jerry Hall e Helmut Berger. Lui mi diceva che gli assomiglia­vo. Che sembravo suo fratellino. Girava tanta droga.

E Warhol?

Mi ha regalato molti disegni che ho ancora. Io ero un ragazzino e quando lo vedevo sotto effetto dell’eroina mi spaventava molto. Le droghe le ho usate, ma mai l’eroina.

Erano gli anni dell’aids... Sì, ho perso tanti amici. Quando nel 1986 sono rientrato in Italia la prima cosa che ho fatto è stato iscrivermi a un corso per assistenza ai malati del professor Mauro Moroni. Facevo una notte la settimana in ospedale.

Perché ha lasciato New York?

Volevo studiare Giurisprud­enza, diventare avvocato. Alla fine ho dato 18 esami. Ma nel 1987, Beatrice mi chiese di aprire il reparto donna.

La sua storia con le top model inizia

lì...

La prima modella per cui impazzii fu Marpessa. Mi piaceva perché era bella, ma non perfetta: aveva le occhiaie. Io ho sempre pensato che tanti in casi i difetti possano diventare bellezza.

E Naomi Campbell...

Siamo amici da quando avevamo 18 anni. Mi ha colpito subito la sua personalit­à. Per capirla davvero bisogna vederla ballare. Fa cose pazzesche. Sembra una ballerina profession­ista. Se vuole una cosa l’ottiene. Iniziando sempre dall’alto.

Dall’alto?

È amica di Michelle Obama e Oprah Winfrey. Parla al telefono con i presidenti Usa. E se non le rispondono diventa una furia. È riuscita a far organizzar­e una mostra su di lei dal Victoria and Albert Museum di Londra.

Un agente, dunque, può essere anche un amico?

Ci pensavo proprio in questi giorni. Mi sto separando da mia moglie Silvia, l’unico amore della mia vita. E allora ripenso alle tante cose che le ragazze mi hanno insegnato. Penso al fatto di essere riuscito a far diventare una modella Lea T e aver imparato quale dolore, non solo fisico, c’è dietro la transizion­e. O al momento in cui Maria Carla Boscono, a 18 anni, mi dice di aver fatto l’amore per la prima volta. Sono episodi che mi fanno rimpianger­e ancor di più il fatto di non aver avuto figli.

Oggi le top model non ci sono quasi più...

Sì, è un lavoro diverso. Feroce. Molto meno pagato. Alle ragazze dico sempre che durerà solo 4 o 5 anni. Per questo qui alla Women non vogliamo minorenni e lavoriamo solo con chi ha finito o sta per finire gli studi superiori. Negli Stati Uniti ho visto invece convention di piccole agenzie in cui il clima è quello dei concorsi di bellezza per cani. Ma è tutta la moda a essere diversa.

Diversa?

Gianfranco Ferré, a cui ero molto legato, sceglieva i suoi assistenti, faceva bendare gli occhi ai candidati, chiedeva loro di toccare le stoffe. Dovevano dire che stoffa era. Tutto era fatto di qualità, cuciture, ricami. Adesso invece ci sono sfilate che sembrano pensate solo per sconvolger­e il pubblico.

‘‘ La carriera? I miei l’hanno presa male, da noi veniva Spadolini

‘‘ Andy era fatto di eroina... Le droghe le ho usate, ma quella mai

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è il progetto della onlus di Piero Piazzi a Gulu, in Uganda. “To get there” si occupa di bambini poveri con gravi problemi psicologic­i e di salute
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Con le star in passerella Piero Piazzi con Carla Bruni e Naomi Campbell. Sotto, assieme ai bimbi coinvolti nel progetto “To get there”

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