NELL’UNGHERIA DI ORBÁN ANCHE LA MATURITÀ È SOVRANISTA
Reisz dirige un’opera politica contemporanea, mica come i comizietti nostrani
ESAME DI MATURITÀ con annesso scandalo nazionale: succede nell’ungheria di Viktor Orbán, circostanziata e sondata dal quarantaquattrenne Gábor Reisz nello stupefacente Magyarázat mindenre, che arriva nelle nostre sale il 1° maggio con il titolo Una spiegazione per tutto dopo la vittoria di Orizzonti a Venezia 2023 e tanti altri premi, tra cui Nuovi sguardi all’ultimo Tertio Millennio Film Fest. Lungo senza timore, fittamente dialogato e spavaldamente costruito, suddivide in capitoli una settimana cruciale e divisiva, allorché una bocciatura all’esame di storia, una coccarda tricolore suscettibile di nazionalismo, un genitore conservatore, un professore liberale e una giornalista filogovernativa apparecchiano la tempesta perfetta, stigmatizzando le fratture scomposte e le ferite infette del Paese magiaro. Se il privato è politico, il politico è congerie contendibile e contraddittoria: la famiglia non tiene, la Storia è opportunamente “revisionata”, l’istruzione sotto attacco, il giornalismo contundente. Reisz non perde un colpo, assembla generi, dalla commedia di costume al Bildungsroman, e indirizzi, dal racconto morale al trattatello politico, con spregiudicatezza drammaturgica e vorticoso controllo: sa quel che fa e sa come farlo, sicché i nostri sceneggiatori – Gabor scrive con Éva Schulze – e registi farebbero bene a buttarci un occhio. Dal percorso urbi et orbi della virale notizia al finale che spalanca al liceale Abel una residua possibilità, dalla polarizzazione della società allo spin identitario, Una spiegazione per tutto si vota all’antifrasi e, senza trombonismi d’antan né comizietti de ‘noantri, al cinema civile, riveduto e scorretto per la temperie attuale.