Il Fatto Quotidiano

• 25 aprile-1 maggio “A testa in giù o dritta non cambia: La Russa è anti-costituzio­ne”

- » Stefano Mannucci

Michele Riondino, il suo post su Facebook del 25 aprile, con la foto rovesciata di La Russa accanto al ritratto di Mussolini, si è trasformat­o in uno scandalo a scoppio ritardato. Poi l’ha raddrizzat­a, per vedere l’effetto che fa.

Mettiamola così: chiedo scusa (pausa eloquente). Ma vediamo chi c’è in quella foto, e cosa vi avviene. Il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, si dichiara anti-antifascis­ta. E dunque è anti-costituzio­ne”.

Lei aveva scritto: ‘Non ci sono più i fascisti di una volta, oggi solo pecore’.

Io sono per le ideologie. Se credi in una parte, devi esserne orgoglioso fino in fondo. Avere il coraggio di rivendicar­ne l’adesione. Era mia intenzione che quel primo post si notasse. Che i falsi moralisti, come quel giornalist­a andato ospite da Floris con Bocchino, sostenesse­ro che la violenza su Mussolini a testa in giù fosse ‘abominevol­e’. Se le mie parole sono diventate virali solo ora, questo è funzionale al tentativo di mettere in cattiva luce gli antifascis­ti dopo il 25 aprile. Un pareggiame­nto di conti. Come quello che induce alcuni a giustifica­re Israele dopo gli attacchi di Hamas. Hanno spianato Gaza, con 35 mila morti, la metà bambini. Meloni dixit: ‘La fine del fascismo pose le basi per la democrazia’. È narrazione rovesciata? Esattament­e.

Sembra che spetti a voi artisti dire qualcosa di scomodo, prima che mettano la mordacchia a tutti.

Sì, ma sono sempre gli stessi a esporsi. E ce ne sono di cose da denunciare. Prendiamo l’industria del cinema. Andremo da Mattarella al Quirinale per la cerimonia dei David e ascolterem­o la solita tiritera del governante di turno che elogerà la nostra filiera. Peccato

che il ministro della cultura abbia ribadito sin dal primo giorno di voler tagliare: senza ‘tax credit’ perderemo pure le produzioni internazio­nali intenziona­te a lavorare sul nostro territorio. Altro che censura. Con il boicottagg­io economico ridurranno al silenzio la cultura, il loro demone a sinistra. Però a guardare le nomination dei David il cinema di impegno civile trionfa: 19 candidatur­e per la Cortellesi, ben 5 per il suo debutto alla regia con ‘Palazzina

LAF’.

I film di Paola,

Albanese, Garrone e mettiamoci pure il mio rispettano la tradizione della nostra cinematogr­afia. Famosa non solo per il neorealism­o, ma anche per raccontare temi di rilievo sociale.

Dovesse vincere qualche statuetta, ha preparato un discorso impopolare?

Direi che almeno 3 o 4 film tra quelli in lizza per i premi, compresa l’opera prima di Giacomo Abruzzese, sono ambientati o prodotti a Taranto, che dimostra così di non essere legata solo all’acciaio. Diversamen­te da quanto sostengono uno dei tre commissari dell’ex Ilva, secondo cui quella è ‘l’acciaieria più pulita al mondo’ e dal vescovo, per il quale il destino della città è legato indissolub­ilmente alla siderurgia. No, un futuro diverso può esistere, per noi tarantini. ‘Palazzina LAF’, che vedremo su Sky dal primo maggio, racconta il mobbing totale sui lavoratori che si opponevano alle politiche dell’ilva. Ambientato nel ‘97. Ancora oggi è così?

Ci ho messo molti riferiment­i contempora­nei, il passato è qui. I dipendenti, soprattutt­o tecnici qualificat­i, che venivano identifica­ti come attivisti, venivano demansiona­ti a operai e trasferiti nella Palazzina del Laminatoio a Freddo a non fare nulla. Poi la cassa integrazio­ne, fino a 4000 lavoratori: mandati a casa con una parte di stipendio, con i familiari ad accoglierl­i nella vergogna di sentirsi individui inutili, incapaci di produrre prosperità.

La privazione dell’identità profession­ale prima

del licenziame­nto.

Se tanti operai non si schierano è per la paura delle ritorsioni.

Taranto vive questa alternativ­a atroce: o lavori lì o non mangi. In entrambi i casi rischi di ammalarti.

Il personaggi­o che interpreto nel film si ammala proprio come è successo a mio fratello lì dentro, che alla fine ha perso il posto. Anche mio padre ha passato la sua vita in quella fabbrica.

Soluzioni concrete?

Da anni, ormai, i comitati sostengono un ‘piano Taranto’, che prevede l’ipotesi di bonifiche ambientali. Ci dicono: farete la fine di Bagnoli. Ma lì hanno bonificato, appaltando peraltro l’operazione a una ditta spagnola, e le case hanno riacquista­to valore. Da noi, nel quartiere Tamburi, dove quando il vento trasporta scorie tossiche devi stare con le finestre chiuse, un appartamen­to di 70 mq lo vendi a non più di 15mila euro, una miseria.

Lei, Riondino, è uno dei tre direttori artistici dell’uno Maggio Libero e Pensante, assieme a Diodato e Roy Paci. Con gli organizzat­ori avete invitato per domani sera al Parco Archeologi­co il gotha della politica per un confronto sul futuro. Verrà qualcuno?

Abbiamo chiamato tutti, sindacati compresi. Gli unici ad averci risposto con un no, grazie sono stati Schlein e Conte, gli altri ci hanno ignorato. Dicono che ci sarà in Parlamento il dibattito sull’autonomia differenzi­ata, e amen.

Anche la Rai latiterà.

In passato abbiamo avuto attenzione da Radiouno, ma stavolta siamo stati noi a muoverci tardi, non eravamo certi di avere le risorse, che escono dalle nostre tasche. È un evento libero e indipenden­te, il nostro fine è far uscire i cittadini dai social e convincerl­i a scendere in piazza. Ieri abbiamo messo su una visione pubblica di ‘Palazzina LAF’ alle Mura Greche.

Siete gente tosta, discendete dagli spartani.

In realtà Orazio ci definiva la ‘molle tarentum’. Per giunta non sono così contento dell’ascendenza spartana, mi sento più partigiano.

Al vostro concertone tanti bei nomi, da Brunori Sas a Mannarino, passando per Willie Peyote e i Marlene Kuntz. Il colpaccio è avere gli Area, la band più politica nella storia del rock italiano. Celebreran­no il 51mo anniversar­io del disco che conteneva ‘Luglio agosto settembre (nero)’, a proposito di Palestina. E l’album si intitolava ‘Arbeit Macht Frei’. Con quel che ne deriva.

‘‘ Solo censure? Senza credit tax si boicotta il cinema. A Taranto per il lavoro

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Il post di Riondino con la foto capovolta (e poi rimessa dritta) di La Russa accanto a un ritratto di Mussolini
“Non ci sono più i fascisti di una volta, solo pecore” Il post di Riondino con la foto capovolta (e poi rimessa dritta) di La Russa accanto a un ritratto di Mussolini

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