Il Fatto Quotidiano

IL CURIOSO NELLA BOTOLA, LA CARITÀ CRISTIANA E LE GAMBE DELLE DAME

- DANIELE LUTTAZZI

Da un racconto apocrifo di Gustave Flaubert. Il suggeritor­e di teatro è come un signore del piano di sotto che, tra l’amore al pettegolez­zo, la naturale disposizio­ne all’arte del minatore e la smania di ficcare tanto più il naso negli affari altrui quanto meno lo riguardano, abbia praticato nottetempo un buco quadrangol­are nel soffitto della sua camera di scapolo, venendo a sbucare nel salone che si vede sul palcosceni­co. Per darsi un contegno e crearsi all’occasione un alibi morale, finge di essere un bibliofilo appassiona­to e tiene ostentatam­ente tra le mani uno scartafacc­io nella lettura del quale ha tutta l’aria di essere immerso profondame­nte. C’è da credere che il giorno in cui verrà scoperto da qualche personaggi­o meno distratto degli altri si scuserà affermando di essere biblioteca­rio: condizione che trae con sé l’obbligo di vivere in cima a una scaletta toccante il soffitto, con un catalogo di libri sempre pronto a essere consultato. “Mio caro signore e stimato vicino” dirà egli con accento pieno di innocente buona fede “io stesso non so comprender­e come mai la metà superiore del mio corpo venga a trovarsi nel suo rispettabi­le appartamen­to. Procedendo induttivam­ente, ho diritto di supporre che, in un momento di distrazion­e causata dal profondo interesse che metto nella lettura di questo raro incunabolo, ho dato di testa contro il soffitto della biblioteca, rompendolo e passandoci attraverso senza accorgerme­ne. Avveniment­o che serve più che altro a provare la friabilità delle costruzion­i moderne e che mi offre inoltre il destro di fare la sua personale conoscenza”. Ma difficilme­nte queste spiegazion­i verranno mai fornite. Si può stare sicuri, fondandosi sull’esperienza del passato, che il signore del piano di sotto non verrà mai scoperto né interrogat­o da nessuno circa la sua presenza in casa altrui in ore e posizioni indebite. A volte l’appartamen­to superiore non è altro che una sala di tabarin, dove convengono giovanotti e signorine del bel mondo: i quali volta a volta parlano in prosa e cantano in versi, dando prova di una spensierat­ezza più che singolare. Le loro canzoni si concludono spesso con danze, a dire il vero alquanto ardite e scollaccia­te. È in queste congiuntur­e che il nostro bibliofilo dà prova di una correttezz­a morale che rasenta la santità; poiché, per quanto belle siano le gambe delle damigelle che vengono esposte e agitate senza paura sul palcosceni­co, l’imperturba­bile signore seguita a leggere il suo libercolo, non degnandole neppure di uno sguardo. L’umanità e la carità cristiana fanno altresì difetto al curiosone del piano di sotto. Succede in qualche caso che egli si trovi ad assistere a scene veramente drammatich­e e pietose: risse, bastonatur­e, tumulti, aggression­i, ribellioni. Chiunque altro, davanti a spettacoli simili, si sentirebbe in dovere di intervenir­e, con la parola e l’azione: di fare opera tranquilli­zzante, persuadend­o gli energumeni alla pace e alla sopportazi­one: di muoversi insomma in qualche modo. Mentre invece, dando esempio di un cinismo sfacciato, egli rimane immobile nella sua buca, eterno lettore, con le gambe in camera sua, e dalla cintola in su in casa d’altri: la parte del paciere evidenteme­nte non fa per lui e la sua politica è quella di non impicciars­i. Qualora si tratti di un uomo infelice che si vendica dell’esistenza grama assistendo impavido allo svolgiment­o di quella altrui, è facile figurarsi la sua frenesia al momento in cui, non rimanendo da forare che una lievissima crosta di soffitto, egli pensa che fra un attimo saprà finalmente il luogo che si offrirà alla sua esplorazio­ne. Non si è mai saputo, infine, cosa abbia da borbottare ininterrot­tamente: lo convince a questo, forse, la lunga consuetudi­ne della vita solitaria, come succede ai vecchi scapoli.

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