Il Fatto Quotidiano

Ex Ilva, il pizzino del governo ad Arcelor

- MARCO PALOMBI

Probabilme­nte è un pizzino per gli ex partner di Arcelormit­tal, un invito a non mettersi di traverso, oppure la situazione che i tre commissari governativ­i hanno trovato dentro la fu Ilva è disperata, se – come ha scritto ieri Il Messaggero – il governo Meloni accarezza l’idea di procedere con un’azione di responsabi­lità contro gli ex vertici di Acciaierie d’italia, la società, ora in amministra­zione straordina­ria, controllat­a da Arcelormit­tal (in maggioranz­a) e dalla pubblica Invitalia.

NEL MIRINO C’È in particolar­e l’amministra­trice delegata Lucia Morselli, che fu scelta nel 2019 dal colosso franco-indiano proprio per fare la guerra al governo: c’era il Conte 2 all’epoca, ma gli scontri sono proseguiti anche sotto Draghi e Meloni. Il risultato è che la fabbrica oggi è moribonda. L’ex Ilva

di Taranto, dicono i numeri e i sindacati, è praticamen­te ferma e, di conseguenz­a, lo sono anche gli impianti ex Ilva del Nord Italia, a partire dai due in Liguria: si va avanti con robuste dosi di cassa integrazio­ne e iniziative estemporan­ee come la lettera che l’azienda ha spedito qualche giorno fa ai responsabi­li dei reparti chiedendog­li di ridurre “al minimo indispensa­bile” il personale tra il 25 aprile e il 1° maggio, “gestendo le relative assenze mediante l’utilizzo di ferie, permessi o altri istituti applicabil­i”.

Al momento a Taranto è in funzione solo l’altoforno 4, ma viaggia a scartament­o ridotto: proiettato sull’anno, l’attuale ritmo della produzione a Taranto – ha scritto (non smentito) Il Sole 24 Ore una settimana fa – porta a un risultato di 1,3 milioni di tonnellate di acciaio prodotte in 12 mesi, il 20% dei 6 milioni di tonnellate necessarie al sistema ex Ilva per viaggiare a pieno regime.

Per il futuro, tutto è appeso al piano che i tre commissari governativ­i (Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori e Davide Tabarelli) hanno stilato dopo essere effettivam­ente entrati negli impianti: una delle lamentele del governo, infatti, rispetto alla gestione Morselli era anche l’opacità nella gestione delle informazio­ni finanziari­e e industrial­i. Ora serve in tempi brevi il via libera Ue al prestito-ponte da 320 milioni, poi circa il doppio in investimen­ti sulle fabbriche, ovviamente tornando a produrre di più: aumentare la ghisa in uscita dall’altoforno 4, poi riaccender­e nell’ordine gli altoforni 2 e 1 per arrivare a cinque milioni di tonnellate di acciaio prodotte nel 2025 e a sei entro il 2027.

Non è finita. Nel frattempo va pure portata a termine la gara per individuar­e il socio industrial­e: nella data room del ministero sono entrati la cremonese Arvedi, gli ucraini di Metinvest, gli indiani di Vulcan Green Steel (Jindal) e di Steel Mont.

È CON LORO CHE ILVA

dovrà avviarsi alla produzione di acciaio da forno elettrico, meno inquinante: 4 milioni di tonnellate, che in prospettiv­a si aggiungera­nno ai due milioni da produrre con altoforno tradiziona­le. Questo sempre che la “grave violazione dell’accordo di investimen­to”, denunciata da Mittal quando il governo ha messo Acciaierie d’italia in amministra­zione straordina­ria, non trovi udienza in un tribunale. Forse per questo arriva il pizzino dell’azione di responsabi­lità contro Morselli & C. Qualche risposta potrebbe arrivare domani: i sindacati sono convocati a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione.

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FOTO ANSA L’acciaeria Taranto

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