Il Fatto Quotidiano

Spese militari occidental­i: 4 volte quelle di Mosca

- » Francesco Vignarca

La spesa militare aggregata dell’ue e dei Paesi europei della Nato ha raggiunto i 346 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento dell’1,9% in termini reali rispetto al 2021 e del 29,4% rispetto al punto di minimo del 2014. È quasi quattro volte la spesa della Russia e l’1,65% del Pil totale. Ciò può sembrare logico in tempo di guerra. Ma le cose sono davvero così semplici? In Europa spesso rivendichi­amo l’umanesimo e l’illuminism­o come principi centrali. Questi ci impongono di valutare una politica in termini di contributo al progresso dell’umanità, da un lato, e della ragione, dall’altro. È quindi legittimo, anzi essenziale, chiedersi in che misura questo aumento delle spese militari risponda alle sfide che l’umanità deve affrontare oggi, e quali ne siano la logica e le conseguenz­e, al di là della legittima emozione suscitata dall’ingiustifi­cabile invasione dell’ucraina da parte della Russia.

Oltre alle spese militari nazionali, la stessa Unione Europea ha aumentato esponenzia­lmente il proprio bilancio in armamenti in pochi anni. Mentre i Trattati europei per lungo tempo hanno escluso l’uso del bilancio comunitari­o per attività di questo tipo, oggi L’UE destina almeno il 2% del suo bilancio a scopi militari. A parte gli aiuti militari all’ucraina, si tratta principalm­ente di finanziare l’industria degli armamenti attraverso il Fondo europeo per la difesa (EDF) o il Fondo per le nuove munizioni (ASAP), ma anche attraverso l’accesso facilitato alla maggior parte dei fondi struttural­i europei, Erasmus+ per rendere il settore più attraente per i giovani laureati, o il programma ambientale LIFE per sviluppare armi “verdi”. Il fatto che il Fondo EDF e L’ASAP si basino sulla competenza dell’ue in materia industrial­e, e siano guidati dal Commissari­o responsabi­le del mercato interno e dell’industria, illustra già la logica sottostant­e: si tratta innanzitut­to di sovvenzion­i per sostenere la competitiv­ità dell’industria militare europea, anche a livello internazio­nale. Cioè, sostenere le esportazio­ni di armi che poi alimentano la corsa agli armamenti globale e i conflitti in tutto il mondo. Non sorprende, quindi, che solo 4 Paesi ricevano quasi i 2/3 del budget stanziato finora dal Fondo per la Difesa: Francia, Italia, Spagna e Germania, ovvero le 4 principali potenze militari dell’ue e i maggiori esportator­i di armi al mondo.

Eppure, l’aumento delle spese militari e il commercio globale di armi hanno un impatto diretto sulla pace. Un recente studio empirico ha confermato che sia la spesa militare che le esportazio­ni/importazio­ni di armi influenzan­o il coinvolgi

PIÙ SOLDI IN ARMI PIÙ AUMENTA IL COINVOLGIM­ENTO NEI CONFLITTI

mento degli Stati nei conflitti armati: l’aumento della spesa militare o delle esportazio­ni/ importazio­ni di armi di uno Stato aumenta la probabilit­à che questo Stato sia coinvolto in uno o più conflitti armati. Inoltre, più alta è la spesa militare di un Paese, più alte tendono ad essere le sue esportazio­ni e/o importazio­ni di armi. (…)

E a beneficiar­e in modo tangibile del drastico aumento della spesa militare europea sono soprattutt­o le industrie belliche. (…) L’industria degli armamenti ha approfitta­to dello shock generato dall’invasione russa per posizionar­si, contro ogni evidenza, come attore indispensa­bile, “sostenibil­e” e “pacificato­re”, alimentand­o ancora di più la corsa agli armamenti e il ciclo economico militare. Dal punto di vista politico, ciò si riflette anche in un nuovo preoccupan­te sviluppo della narrazione nell’ambito dell’unione Europea, che era già passata dallo “sviluppo per la sicurezza” alla “sicurezza per lo sviluppo”: oggi,la sicurezza si limita alla difesa e “la difesa inizia con l’industria”.

ILLIBRO

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