Il piano in caso di “Italexit” e l’incontro con Hollande: “Parigi non resterà nell’euro”
Amaggio 2018, un’ottantina di slide non particolarmente elaborate costarono a Paolo Savona il posto di ministro dell’economia del nascente governo gialloverde. Sergio Mattarella bloccò la nomina dopo che i giornali avevano rivelato il ruolo dell’economista nella redazione di un “Piano B” per l’uscita dell’italia dall’euro pubblicato su un sito eurocritico. Il suo arrivo al dicastero di via XX settembre avrebbe reso “il rischio dell’italexit praticamente inevitabile”, spiegò il Colle.
Oggi scopriamo che un piano istituzionale per gestire un ritorno alla lira esisteva già e da anni. A redigerlo e custodirlo era stata la Banca d’italia. Quel che all’epoca era solo intuibile, viene ora confermato da un protagonista di quella stagione, Mario Monti, nel suo libro Demagonia (Solferino), in uscita domani. Nel capitolo sulla gestione della crisi dello spread, l’ex premier rivela che “come tutti i banchieri centrali, anche Ignazio Visco alla Banca d’italia aveva nei suoi cassetti un piano di emergenza per gestire un ritorno alla lira, qualora la situazione insostenibile sui mercati finanziari lo avesse reso inevitabile”.
Non era l’unico cassetto che scottava in quei giorni. Monti riesuma quella circostanza per raccontare il contenuto di un incontro a Parigi con il neo presidente François Hollande avvenuto a fine luglio 2012. Sono passati quattro giorni dal “whatever it takes” di Draghi, ma “la situazione era ancora molto tesa”, racconta il senatore a vita, secondo il quale servirà la pubblicazione dei dettagli dello “scudo anti spread” della Bce (le operazioni “Omt”) a settembre per far crollare il differenziale di rendimento tra Btp e bund tedeschi ritornato sui 500 punti.
Hollande si presenta “assieme al suo influente consigliere, Emmanuel Macron”. Il tema è di quelli, per così dire, esistenziali: “Ci confrontammo in modo franco: se l’italia si trovasse costretta a uscire dall’euro, la Francia cosa farebbe?”. Dalla risposta dipendevano molte cose. “Parigi avrebbe scelto di perdere prestigio, seguendo l’italia in un ritorno alle monete nazionali, o di perdere competitività, conservando l’euro e affrontando la concorrenza dei prodotti italiani prezzati in una lira svalutata?” si chiedeva l’ex premier. Dopo un po’ Hollande chiarisce che la Francia “avrebbe seguito l’italia”. Monti non spiega il motivo, ma è probabile che dietro ci fossero anche i timori per la forte esposizione del Paese verso l’economia Italiana. A fine 2011, per dire, le banche francesi erano esposte verso controparti italiane per 400 miliardi di euro. L’italexit, con un’eventuale svalutazione della lira del 25-30% avrebbe inflitto loro una perdita secca di 100-120 miliardi. Abbastanza per convincere Hollande a seguire Roma.
“Facemmo mille ragionamenti, probabilmente troppi - continua Monti - a un certo punto ci guardammo e gli dissi: ‘François, forse ci siamo spinti un po’ troppo nelle speculazioni. Bene che ne abbiamo parlato, ma dobbiamo prima di tutto evitare che si arrivi a quel punto e costruire soluzioni”. Hollande concorda e indica una grande libreria piena di cassetti: “Questi piani li mettiamo in quel cassetto che lì e li terremo ben chiusi e segreti”, dice. “L’intesa fu che ci saremmo riferiti a quei piani soltanto come ‘progetto cassetto’ - conclude Monti - Per fortuna non c’è mai stato bisogno di aprirlo”.
“CASSETTO” DOCUMENTI SEGRETATI “SE USCITE, VI SEGUIREMO”