Il Fatto Quotidiano

Elettricit­à, Italia senza riserve: così (nella Ue) costa il doppio

Il margine di sicurezza tra produzione e consumi nazionali dipende quasi interament­e dall’import dalla Francia, che ha ridotto drasticame­nte le sue vendite all’estero

- » Antonio Rizzo

Iprezzi all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia sono i più alti d’europa. La Germania, ad esempio, fra maggio e ottobre pagherà il 23% in meno di noi e la Francia il 45%. In un mercato unico, libero e interconne­sso i prezzi dei sottomerca­ti geografici (le singole nazioni) non dovrebbero differire di tanto. Si pensi che a maggio il prezzo dell’energia elettrica in Italia, secondo i futures, sarà mediamente di 83 euro al megawattor­a (MWH), mentre in Francia appena di 32 euro. Un differenzi­ale così ampio penalizza i consumator­i e le aziende italiane, aumentando la competitiv­ità di quelle degli altri Paesi dell’unione Europea. Le cause di questo squilibrio sono essenzialm­ente due, una contingent­e e una struttural­e. Sin dai primi di marzo la Francia, lamentando problemi alla rete elettrica nazionale, ha ridotto le esportazio­ni verso Italia, Svizzera, Germania e Belgio. Bruxelles, che si è insospetti­ta per l’inusuale calo delle esportazio­ni francesi di elettricit­à (che il 19 aprile si erano ridotte del 40%) ha aperto un’indagine ufficiale per capire quanto di vero ci sia nei “problemi tecnici” indicati dai francesi per giustifica­re una così drastica riduzione.

Il mercato italiano ne ha risentito perché importiamo circa il 14% dell’energia che consumiamo. I produttori nazionali si sentono forti della scarsità di energia importato e tengono sostenuti i prezzi di quella prodotta localmente nonostante la domanda fiacca. E qui il problema congiuntur­ale si sposa con il problema struttural­e del sistema elettrico italiano: il margine di riserva, vale a dire la differenza positiva fra la domanda di punta e la disponibil­ità di potenza, è vicino a zero. Nel calcolo della disponibil­ità di potenza sono inclusi i 6 GW che importiamo dall’estero, per cui il sistema senza l’import estero sarebbe a rischio di blackout. La Spagna, che sostanzial­mente non è connessa al sistema elettrico europeo, può contare su 13 GW di riserva di potenza totalmente presenti sul territorio nazionale. Qui i risultati in termini di prezzi si vedono: a maggio i consumator­i spagnoli pagheranno 36 euro per MWH contro gli 83 dell’italia e per tutto il 2024 i prezzi spagnoli sono previsti in media dal 25 al 35% inferiori a quelli italiani. La Spagna nel 2023 ha inoltre installato 8,2 GW di energia fotovoltai­ca rispetto ai 4,8 dell’italia. Inoltre i consumi elettrici spagnoli sono un terzo più bassi di quelli italiani.

PER MANTENERE

contestual­mente la sicurezza della fornitura e prezzi bassi non ci sono formule segrete: occorre essere indipenden­ti e creare le condizioni di sovracapac­ità produttiva. Non sembra che Terna, braccio del governo nel sistema elettrico, sia preoccupat­a dalla situazione. L’azienda pubblica a cui è affidata la trasmissio­ne e la stabilità del sistema non ha obiettivi di prezzo dell’energia, limitandos­i a garantirne la disponibil­ità. Nel 2021 e nel 2022 abbiamo imparato che a prezzi crescenti la domanda si contrae notevolmen­te; quindi, a meno di disastri inimmagina­bili, la fornitura non dovrebbe interrompe­rsi, ma i costi dell’inefficien­za struttural­e del sistema sono sempre scaricati sul consumator­e finale. Terna non risponde dell’efficacia dei suoi investimen­ti il cui costo, comprensiv­o di tasso d’interesse e ritorno sull’investimen­to, è trasferito in tariffa. Che poi questi investimen­ti contribuis­cano o meno a una diminuzion­e dei prezzi di mercato non rientra nei criteri di valutazion­e dell’autorità che stabilisce le tariffe dei consumator­i. Il governo italiano dal canto suo ha lasciato l’azienda libera di perseguire i propri piani d’investimen­to, senza una visione unitaria della strategia energetica del paese. Si investe copiosamen­te in batterie che garantiran­no una potenza di riserva limitata a pochi giorni mentre contestual­mente si stanno per ridurre ulteriorme­nte le opzioni di import di gas con nuove sanzioni alla Russia.

La Francia, con questa limitazion­e all’export di energia, ha messo in luce le nostre debolezze: c’è ora da chiedersi se sia effettivam­ente un caso fortuito dovuto a un problema tecnico o se forse è il segnale di una volontà di recuperare competitiv­ità a scapito dei vicini europei. La Francia ha annunciato che durante questa settimana i flussi di energia verso i Paesi vicini dovrebbero normalizza­rsi, ma ha già avvisato che ad agosto ci saranno nuovi problemi, guarda caso in concomitan­za con i picchi di consumo in Italia e altri Paesi. Nella situazione di debolezza nella quale ci troviamo, e all’alba di possibili nuove tensioni internazio­nali in campo energetico, sarebbe opportuno che Roma chiarisca quanto prima la questione con Parigi e nel frattempo reindirizz­i Terna verso investimen­ti più efficaci per ridurre il prezzo dell’energia. Occorre sempre ricordare che, verde o no, l’energia più cara è quella che manca.

CHIGI TACE IL GOVERNO DOVREBBE RIVEDERE IL RUOLO E IL MANDATO DI TERNA

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