Elettricità, Italia senza riserve: così (nella Ue) costa il doppio
Il margine di sicurezza tra produzione e consumi nazionali dipende quasi interamente dall’import dalla Francia, che ha ridotto drasticamente le sue vendite all’estero
Iprezzi all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia sono i più alti d’europa. La Germania, ad esempio, fra maggio e ottobre pagherà il 23% in meno di noi e la Francia il 45%. In un mercato unico, libero e interconnesso i prezzi dei sottomercati geografici (le singole nazioni) non dovrebbero differire di tanto. Si pensi che a maggio il prezzo dell’energia elettrica in Italia, secondo i futures, sarà mediamente di 83 euro al megawattora (MWH), mentre in Francia appena di 32 euro. Un differenziale così ampio penalizza i consumatori e le aziende italiane, aumentando la competitività di quelle degli altri Paesi dell’unione Europea. Le cause di questo squilibrio sono essenzialmente due, una contingente e una strutturale. Sin dai primi di marzo la Francia, lamentando problemi alla rete elettrica nazionale, ha ridotto le esportazioni verso Italia, Svizzera, Germania e Belgio. Bruxelles, che si è insospettita per l’inusuale calo delle esportazioni francesi di elettricità (che il 19 aprile si erano ridotte del 40%) ha aperto un’indagine ufficiale per capire quanto di vero ci sia nei “problemi tecnici” indicati dai francesi per giustificare una così drastica riduzione.
Il mercato italiano ne ha risentito perché importiamo circa il 14% dell’energia che consumiamo. I produttori nazionali si sentono forti della scarsità di energia importato e tengono sostenuti i prezzi di quella prodotta localmente nonostante la domanda fiacca. E qui il problema congiunturale si sposa con il problema strutturale del sistema elettrico italiano: il margine di riserva, vale a dire la differenza positiva fra la domanda di punta e la disponibilità di potenza, è vicino a zero. Nel calcolo della disponibilità di potenza sono inclusi i 6 GW che importiamo dall’estero, per cui il sistema senza l’import estero sarebbe a rischio di blackout. La Spagna, che sostanzialmente non è connessa al sistema elettrico europeo, può contare su 13 GW di riserva di potenza totalmente presenti sul territorio nazionale. Qui i risultati in termini di prezzi si vedono: a maggio i consumatori spagnoli pagheranno 36 euro per MWH contro gli 83 dell’italia e per tutto il 2024 i prezzi spagnoli sono previsti in media dal 25 al 35% inferiori a quelli italiani. La Spagna nel 2023 ha inoltre installato 8,2 GW di energia fotovoltaica rispetto ai 4,8 dell’italia. Inoltre i consumi elettrici spagnoli sono un terzo più bassi di quelli italiani.
PER MANTENERE
contestualmente la sicurezza della fornitura e prezzi bassi non ci sono formule segrete: occorre essere indipendenti e creare le condizioni di sovracapacità produttiva. Non sembra che Terna, braccio del governo nel sistema elettrico, sia preoccupata dalla situazione. L’azienda pubblica a cui è affidata la trasmissione e la stabilità del sistema non ha obiettivi di prezzo dell’energia, limitandosi a garantirne la disponibilità. Nel 2021 e nel 2022 abbiamo imparato che a prezzi crescenti la domanda si contrae notevolmente; quindi, a meno di disastri inimmaginabili, la fornitura non dovrebbe interrompersi, ma i costi dell’inefficienza strutturale del sistema sono sempre scaricati sul consumatore finale. Terna non risponde dell’efficacia dei suoi investimenti il cui costo, comprensivo di tasso d’interesse e ritorno sull’investimento, è trasferito in tariffa. Che poi questi investimenti contribuiscano o meno a una diminuzione dei prezzi di mercato non rientra nei criteri di valutazione dell’autorità che stabilisce le tariffe dei consumatori. Il governo italiano dal canto suo ha lasciato l’azienda libera di perseguire i propri piani d’investimento, senza una visione unitaria della strategia energetica del paese. Si investe copiosamente in batterie che garantiranno una potenza di riserva limitata a pochi giorni mentre contestualmente si stanno per ridurre ulteriormente le opzioni di import di gas con nuove sanzioni alla Russia.
La Francia, con questa limitazione all’export di energia, ha messo in luce le nostre debolezze: c’è ora da chiedersi se sia effettivamente un caso fortuito dovuto a un problema tecnico o se forse è il segnale di una volontà di recuperare competitività a scapito dei vicini europei. La Francia ha annunciato che durante questa settimana i flussi di energia verso i Paesi vicini dovrebbero normalizzarsi, ma ha già avvisato che ad agosto ci saranno nuovi problemi, guarda caso in concomitanza con i picchi di consumo in Italia e altri Paesi. Nella situazione di debolezza nella quale ci troviamo, e all’alba di possibili nuove tensioni internazionali in campo energetico, sarebbe opportuno che Roma chiarisca quanto prima la questione con Parigi e nel frattempo reindirizzi Terna verso investimenti più efficaci per ridurre il prezzo dell’energia. Occorre sempre ricordare che, verde o no, l’energia più cara è quella che manca.
CHIGI TACE IL GOVERNO DOVREBBE RIVEDERE IL RUOLO E IL MANDATO DI TERNA