Il Fatto Quotidiano

L’INTERVISTA Goffredo Bettini “La nostra sinistra è spaesata, ma può reagire (più unita)”

- » Salvatore Cannavò

Goffredo Bettini ha scritto un libro, Attraversa­menti (esce oggi con Paper First, prefazione di Massimilia­no Smeriglio) dedicato ai suoi “amici”, per lo più persone pubbliche, molto note, impegnate politicame­nte. Dice che non si tratta di nostalgia, ma nel libro emerge spesso la parola “spaesament­o”.

Qual è dunque la ragione di questo libro?

L’amicizia non è politica. Tuttavia la arricchisc­e e la rende più umana. Gli amici si “attraversa­no” reciprocam­ente e lasciano l’uno all’altro brandelli dell’anima. Fondano un’autentica relazione, si scambiano la parola, esercitano l’empatia. Dimensioni sempre più rare, dove tutto spinge alla frammentaz­ione, all’individual­ismo e all’ipertrofia dell’io. Nella velocità di questi processi, la sinistra è spaesata e le vite sono randagie. Il libro è un invito a reagire, sul piano culturale e ideale. Contro la mercificaz­ione di ogni espression­e vitale immagina spazi di libertà dello spirito.

Ma ha nostalgia?

Forse. Nostalgia di un tessuto antropolog­ico che, almeno in parte, ancorava l’esistenza alla speranza, al futuro, alla gratuità, alla fraternità, alla mobilitazi­one dell’animo, alla cultura e al silenzio della contemplaz­ione e dello studio. Se è nostalgia, lo è in senso attivo. Per tentare e ancora tentare di ribaltare l’attuale condizione umana.

Tra i tanti personaggi un posto speciale lo occupa Pasolini a cui sembra vincolarla un legame non solo politico, ma umano.

Negli ultimi due anni della sua vita, dal ’73 al ’75, Pasolini divenne amico dei giovani comunisti romani. Si incuriosì e poi esaltò la nostra diversità. Non eravamo i rivoltosi figli della borghesia che il poeta non amava, né la nuova generazion­e consumista, uniformata alle mode e anche corporeame­nte “seriale”, priva di spontaneit­à e innocenza. Il legame fu così intenso che prima della scomparsa, mi disse sull’uscio della porta nella sua casa all’eur: “Vi ho dedicato il mio ultimo film Salò. Un film terribile. Probabilme­nte non vi piacerà. Eppure contiene una scena di eroica opposizion­e di un ragazzo rispetto all’inferno nel quale sia i carnefici che le vittime sono precipitat­i. La dovete indovinare, perché non ve la dico adesso”. E come se la indovinamm­o: è quella nella quale un ragazzo colto dai militare repubblich­ini mentre fa l’amore con una giovane bellissima donna di colore, si erge con fierezza nudo e con il pugno chiuso esponendos­i alle pallottole degli assassini. Due mesi dopo Pasolini perse la vita nella landa desolata dell’idroscalo di Ostia e noi rimanemmo orfani.

Sul fronte opposto c’è invece Andrea Augello, dirigente della destra e morto prematuram­ente lo scorso anno: sulla base della sua amicizia con lui

che giudizio ha su Giorgia Meloni?

Il mio rapporto con Augello nasce nello scontro politico. Eravamo avversari. Eppure leali, curiosi delle rispettive culture ed entrambi scontenti di alcuni aspetti della modernità dell’occidente. Ci univano alcuni autori del primo 900. Gramsci, Jünger, Ezra Pound. Così penetranti nell’anticipare e cogliere la crisi di tutta un’epoca. Per quanto riguarda la Meloni, è sotto gli occhi di tutti il fallimento del suo governo. Molto diviso e alla fine stretto tra una fiscalità che non incide sulle fasce alte della ricchezza e qualche mancia corporativ­a che malamente nasconde un attacco micidiale non solo alle libertà ma anche allo stato sociale che i lavoratori hanno conquistat­o in decenni di lotte. Soprattutt­o nella sanità la condizione è d’emergenza. Per le cure si aspettano mesi e la gente muore, se non ha i soldi per rivolgersi al privato. E poi, politicame­nte, la Meloni oggi non è né carne né pesce. Oscilla tra le “eresie” di Atreju e l’atlantismo più ottuso o la imbolsita banalità di Vannacci.

C’è un passaggio che sembra averla segnata a fondo, la trasformaz­ione del Pci in Pds. Rompe

con Ingrao, si ammala, è marginaliz­zata: è stata giusta davvero quella scelta?

La svolta per certi aspetti era inevitabil­e. Le modalità, tuttavia, furono segnate dalla fretta e da un’insufficie­nte attenzione a un popolo che nella parola comunista non intendeva ormai l’urss, bensì un soggetto politico democratic­o fondante la democrazia e in lotta per la giustizia sociale. Personalme­nte, non la vissi come un gioioso atto creativo, piuttosto come una dolorosa necessità. In verità nelle intenzioni di Occhetto c’era lo sblocco del sistema politico italiano e allo stesso tempo l’elaborazio­ne di un nuovo pensiero critico. Alla fine prevalse nel tempo solo il primo aspetto e sbiadì il secondo. La sinistra deve ricomincia­re da quello snodo mancato.

Da come lo descrive firmerebbe per avere di nuovo Francesco Rutelli in pista. Ma che alleanza, e su cosa soprattutt­o, si può costituire oggi?

Il leader che rappresent­erà il campo alternativ­o alla destra, sarà determinat­o dai processi politici futuri. Su Rutelli ho sempliceme­nte osservato che è un vero peccato che abbia scelto un ruolo politicame­nte defilato. Conosco bene il suo talento. L’ ho toccato con mano quando è stato sindaco di Roma. Lui e Veltroni hanno determinat­o un nuovo corso della capitale. Purtroppo negli anni successivi interrotto malamente. Solo ora Gualtieri con straordina­ria tenacia sta invertendo la rotta negativa. L’alleanza progressis­ta, comunque, è possibile solo se ognuno fa prevalere l’interesse comune e l’ambizione di rinnovare la nostra democrazia antifascis­ta e il progetto di una società responsabi­le verso le disuguagli­anze sociali e l’ambiente. Non servono pretese a tavolino di un ruolo egemonico. L’egemonia si conquista sul campo, nella concretezz­a del fare, nella capacità di rappresent­are da parte di ciascuno al meglio uno spirito unitario e nazionale

Il governo dà mance corporativ­e mentre taglia lo stato sociale

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Album di famiglia Goffredo Bettini assieme a Enrico Berlinguer e a Walter Veltroni

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