Il Fatto Quotidiano

La prudenza dem e la carta Orlando, eterno candidato

- WANDA MARRA

UINDECISI SCHLEIN CHIEDE LE DIMISSIONI SOLO MARTEDÌ A TARDA SERA

na telefonata, un capannello, un commento semiserio sul suo futuro in Liguria: da quando Toti è agli arresti domiciliar­i, Andrea Orlando è in pole position come candidato alla guida della Regione. Tanto è vero che quasi per primo chiede le dimissioni del presidente, martedì a ora di pranzo, mentre il Pd si attesta sulla linea della prudenza: “Se le carte confermano, il vulnus è grande e pare difficile che possa proseguire una esperienza di governo così fortemente colpita”. Elly Schlein si sbilancia solo in serata: “Toti si deve dimettere”. Il garantismo è di certo una faccia della medaglia. Ma non è l’unica. Perché ci sono pezzi locali dei dem vicini al sistema sotto inchiesta. E accorte sono pure le prime mosse di Orlando. Oggi farà filtrare una prima disponibil­ità, come aveva già fatto qualche mese fa. E come la rinuncia alla corsa per Bruxelles faceva immaginare. Anche se i nemici di sempre dubitano. L’ipotesi aleggia dal 2015, da quando era ministro della Giustizia e il suo nome circolò come carta per tagliare i ponti con il sistema Burlando e evitare le primarie tra Raffaella Paita e Sergio Cofferati. Non se ne fece niente: Cofferati perse ai gazebo e lasciò il Pd, i dem persero la Regione. Ora però Orlando pare pronto. Anche perché l’inchiesta che ha travolto Toti gli darebbe un indubbio vantaggio. Restano due incognite. La prima riguarda la traiettori­a politica seguita dall’interessat­o, che da sempre gioca un ruolo nelle dinamiche nazionali del Pd. L’altra riguarda la coalizione: su Orlando è difficile che i 5S possano convergere.

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