Isola Palmaria, ville e mazzette nel sito Unesco
Il braccio destro del presidente: “A chi investe tutela, non calci in bocca”
L’obiettivo era colonizzare l’isola Palmaria, uno degli ultimi paradisi naturalistici della Liguria, patrimonio Unesco dal 1997. E i fratelli Raffaele e Mirko Paletti, imprenditori milanesi del mattone, avevano trovato l’interlocutore ideale: Matteo Cozzani, 39enne ingegnere dal doppio volto di sindaco di Portovenere, il comune del Levante di cui l’isola fa parte, e fidato capo di gabinetto del presidente della Regione, Giovanni Toti. I due
Paletti, Cozzani e suo fratello Filippo sono finiti ai domiciliari nell’ambito dell’indagine dei pm di La Spezia – procuratore Antonio Patrono, sostituta Elisa Loris – da cui è nato il fascicolo genovese che ha portato all’arresto del governatore. Secondo l’accusa, nel suo mandato da sindaco (terminato l’anno scorso) il braccio destro di Toti si è speso in ogni modo per far costruire agli imprenditori uno stabilimento balneare di lusso, con tanto di ristorante e solarium, nell’area di un’ex cava sulla Palmaria, violando le norme e urbanistiche e i doveri di imparzialità e correttezza, "nel costante asservimento agli interessi privati" degli uomini d’affari.
“M’hanno rotto il cazzo ’sta Soprintendenza, porca troia. Dato che la mia parola vale più di tutto, la Soprintendenza adesso dà parere positivo. Perché sennò io chiamo la soprintendente adesso e la spettino”, minacciava il primo cittadino, imbestialito per i dubbi sollevati da una funzionaria, Anna Ciurlo, sulle piscine del nuovo complesso. “Tu fai una cosa”, intimava all’architetto del Comune, “per favore chiamala (la Ciurlo, ndr) e dille ‘scusa, il sindaco è alterato su questa cosa qui’. Cioè, dobbiam difendere la gente che investe eh, non farla prendere a calci in bocca”. Nell’ambito dei suoi poteri, inoltre, Cozzani ha promosso una delibera di giunta che in violazione del Puc (Piano urbanistico comunale) dava il via libera alla realizzazione delle “rilevanti opere” previste dal progetto dei Paletti, come “l’abbattimento e la ricostruzione di un edificio, pavimentazione esterna al fabbricato, un pergolato, 33 cabine delimitate da muretti, piscine con relativa pavimentazione esterna, gazebo con funzione di entrata/biglietteria, area WC e area per la raccolta dei rifiuti”. In base alla legge, su quei terreni sarebbe stato consentito realizzare solo “interventi ‘leggeri’ di semplice riqualificazione”: con in mano il permesso di costruire, però, il loro valore triplica. Il sindaco ha fatto i conti: sostiene che la struttura produrrà ogni anno “1 milione e mezzo di fatturato e 350 mila euro di utili “nero compreso”, e sarà affittabile a 250 mila annui”, si legge nell’ordinanza del gip. Ai ricavi, d’altra parte, il sindaco era interessato in prima persona. Nella ricostruzione dei pm, infatti, tra le contropartite dell’impegno di Cozzani c’era il coinvolgimento di suo fratello Filippo, aspirante imprenditore 33enne, “nel progetto per la realizzazione e gestione dello stabilimento balneare”. Ma il prezzo della corruzione, sostiene la Procura, assumeva molte altre forme. In primis le “ospitalità” offerte “in innumerevoli occasioni” a personaggi dell’entourage di Toti e ai loro familiari negli alberghi dei Paletti, il “Grand Hotel” di Portovenere e il “Mirage” di Milano. Nell’elenco dei beneficiari spiccano vari nomi: il virologo genovese Matteo Bassetti, star televisiva ai tempi della pandemia di Covid, l’ex presidente della Liguria Sandro Biasotti, l’ex deputato Osvaldo Napoli, l’ex consigliere regionale del Lazio Adriano Palozzi (condannato a un anno e dieci mesi nel processo sullo stadio della Roma), la portavoce del governatore Jessica Nicolini. Poi c’è un “contributo elettorale” di 15 mila euro versato nel settembre 2022 a Ilaria Cavo, deputata di “Italia al Centro” (il partito di Toti) e ai tempi candidata alla Camera. Infine, si legge nei capi d’accusa, Raffaele Paletti prometteva a Cozzani di entrare con lui (in modo palese od occulto) “nella società che il sindaco aveva in animo di costituire al fine di acquisire il ristorante Da Iseo” a Portovenere, “nonostante la scarsa convenienza economica dell’operazione, espressamente sconsigliatagli dai suoi consulenti”.