Imprese e banche contro la svolta: chi rischia di più
C’è più che una resistenza all’idea del ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti di rendere obbligatoria la detrazione dei crediti fiscali derivanti dal Superbonus edilizio non più in 4, come attualmente previsto, ma in 10 anni. Idea che, secondo quanto affermato in Senato, sarebbe valida solo per le spese sostenute dal primo gennaio 2024. Ma che si accompagna a un’altra, ulteriormente rilevante: quella di rendere più complessa la cessione dei crediti da parte delle banche che negli anni scorsi hanno fatto incetta di crediti fiscali sui bonus edilizi, acquistandoli per decine di miliardi a prezzi convenienti, cioè a sconto (per loro, non per i clienti) in modo da lucrare sul differenziale di prezzo tra valore facciale e quello di acquisto o rivendita. Così proprio le banche sono state le prime a replicare all’idea di Giorgetti, piuttosto preoccupate che i crediti fiscali che hanno in pancia si possano svalutare dall’attuale 85% del loro valore facciale al 70% circa in caso di traslazione da
4 a 10 anni della loro detrazione in caso di retroattività della misura, cioè applicandola anche alle spese sostenute nel 2021-2023. Una mossa che ne colpirebbe la trasferibilità e l’utilizzo, riducendone il valore di mercato.
L’IPOTESI,
poi accantonata, non ha fatto felici i gruppi bancari. Dal record del
2022, quando a bilancio aveva crediti fiscali da bonus edilizi per 27 miliardi, dopo i 7 ceduti lo scorso anno Intesa Sanpolo a fine 2023 ne aveva comunque ancora per
20 miliardi. Nei conti 2023 di Unicredit i crediti fiscali (a vario titolo sommati) ammontavano a 5,6 miliardi. Per Banco Bpm alla fine dell’anno scorso i crediti per Ecobonus valevano 2,98 miliardi, per Bper 6,28 miliardi. Nel bilancio 2023 di Mps il valore nominale dei crediti d’imposta acquistati ammontava a 2,28 miliardi ma, dopo compensazioni per 442 milioni, il valore nominale residuo era di 1,84 miliardi. Ma il Monte dei Paschi di Siena a fine 2023 “ha ricevuto richieste di cessione di tali crediti per un ammontare complessivo di circa 1,5 miliardi, attualmente in corso di verifica/lavorazione”. Proprio i ritardi delle pratiche, ferme sulla piattaforma gestita in esterno da Ey, nei mesi scorsi hanno portato i sindacati dei dipendenti di Mps a protestare più volte con l’azienda per le pressioni dei clienti.
Ma a protestare contro l’idea di Giorgetti di rendere obbligatoria la compensazione decennale sono state anche le associazioni di categoria, a partire da quella dei costruttori edili (Ance) guidata da Federica Brancaccio. Contro il rischio di retroattività si è schierato il vicepresidente di Confindustria per le filiere e le medie imprese, Maurizio Marchesini: “Il governo può disporre lo spalma-crediti per decreto a vigenza immediata, ma lo si applichi solo per crediti maturati da spese sostenute successivamente a quella data”. Secondo Confartigianato in caso di retroattività dell’obbligo di compensazione decennale “il Parlamento si assumerebbe la grave responsabilità di ledere il principio del legittimo affidamento, garanzia imprescindibile per ogni Stato di diritto”. Contrari i giovani commercialisti e Alleanza delle Cooperative, che parla di “bomba a orologeria che metterebbe in ginocchio le imprese alimentando contenziosi che coinvolgerebbero aziende, banche e famiglie”.
IN GIOCO CREDITI PER DECINE DI MLD A RISCHIO SVALUTAZIONE