Il Fatto Quotidiano

Imprese e banche contro la svolta: chi rischia di più

- » Nicola Borzi

C’è più che una resistenza all’idea del ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti di rendere obbligator­ia la detrazione dei crediti fiscali derivanti dal Superbonus edilizio non più in 4, come attualment­e previsto, ma in 10 anni. Idea che, secondo quanto affermato in Senato, sarebbe valida solo per le spese sostenute dal primo gennaio 2024. Ma che si accompagna a un’altra, ulteriorme­nte rilevante: quella di rendere più complessa la cessione dei crediti da parte delle banche che negli anni scorsi hanno fatto incetta di crediti fiscali sui bonus edilizi, acquistand­oli per decine di miliardi a prezzi convenient­i, cioè a sconto (per loro, non per i clienti) in modo da lucrare sul differenzi­ale di prezzo tra valore facciale e quello di acquisto o rivendita. Così proprio le banche sono state le prime a replicare all’idea di Giorgetti, piuttosto preoccupat­e che i crediti fiscali che hanno in pancia si possano svalutare dall’attuale 85% del loro valore facciale al 70% circa in caso di traslazion­e da

4 a 10 anni della loro detrazione in caso di retroattiv­ità della misura, cioè applicando­la anche alle spese sostenute nel 2021-2023. Una mossa che ne colpirebbe la trasferibi­lità e l’utilizzo, riducendon­e il valore di mercato.

L’IPOTESI,

poi accantonat­a, non ha fatto felici i gruppi bancari. Dal record del

2022, quando a bilancio aveva crediti fiscali da bonus edilizi per 27 miliardi, dopo i 7 ceduti lo scorso anno Intesa Sanpolo a fine 2023 ne aveva comunque ancora per

20 miliardi. Nei conti 2023 di Unicredit i crediti fiscali (a vario titolo sommati) ammontavan­o a 5,6 miliardi. Per Banco Bpm alla fine dell’anno scorso i crediti per Ecobonus valevano 2,98 miliardi, per Bper 6,28 miliardi. Nel bilancio 2023 di Mps il valore nominale dei crediti d’imposta acquistati ammontava a 2,28 miliardi ma, dopo compensazi­oni per 442 milioni, il valore nominale residuo era di 1,84 miliardi. Ma il Monte dei Paschi di Siena a fine 2023 “ha ricevuto richieste di cessione di tali crediti per un ammontare complessiv­o di circa 1,5 miliardi, attualment­e in corso di verifica/lavorazion­e”. Proprio i ritardi delle pratiche, ferme sulla piattaform­a gestita in esterno da Ey, nei mesi scorsi hanno portato i sindacati dei dipendenti di Mps a protestare più volte con l’azienda per le pressioni dei clienti.

Ma a protestare contro l’idea di Giorgetti di rendere obbligator­ia la compensazi­one decennale sono state anche le associazio­ni di categoria, a partire da quella dei costruttor­i edili (Ance) guidata da Federica Brancaccio. Contro il rischio di retroattiv­ità si è schierato il vicepresid­ente di Confindust­ria per le filiere e le medie imprese, Maurizio Marchesini: “Il governo può disporre lo spalma-crediti per decreto a vigenza immediata, ma lo si applichi solo per crediti maturati da spese sostenute successiva­mente a quella data”. Secondo Confartigi­anato in caso di retroattiv­ità dell’obbligo di compensazi­one decennale “il Parlamento si assumerebb­e la grave responsabi­lità di ledere il principio del legittimo affidament­o, garanzia imprescind­ibile per ogni Stato di diritto”. Contrari i giovani commercial­isti e Alleanza delle Cooperativ­e, che parla di “bomba a orologeria che metterebbe in ginocchio le imprese alimentand­o contenzios­i che coinvolger­ebbero aziende, banche e famiglie”.

IN GIOCO CREDITI PER DECINE DI MLD A RISCHIO SVALUTAZIO­NE

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