Il Fatto Quotidiano

Biden, svolta per fermare Bibi. Lui: “Avanti da soli”

- » Roberto Festa

Èrabbiosa, e di sfida, la reazione israeliana all’intervista alla Cnn in cui Joe Biden minaccia di sospendere l’invio di alcune armi a Israele, nel caso il governo di Gerusalemm­e entrasse a Rafah. Una fonte vicina a Benjamin Netanyahu ha spiegato a Sky News che l’annuncio di Biden “praticamen­te seppellisc­e un accordo sugli ostaggi”. C’è chi, come il ministro della Difesa Yoav Gallant, dice che Israele farà “tutto il necessario” per difendere i suoi cittadini. Itamar Ben-gvir, ministro alla Sicurezza nazionale, esponente della destra più radicale, usa toni derisori e su X posta: “Hamas ama Biden”.

RICORRE ALLA GUERRA

di Indipenden­za il premier Netanyahu, che ricorda che anche “76 anni fa eravamo pochi contro molti, ma abbiamo vinto”. La consegna nel governo israeliano è dunque andare avanti, fare come se le parole di Biden non contassero. In realtà, l’intervista del presidente Usa sorprende, fa infuriare, angoscia molti a Gerusalemm­e. Non è tanto la minaccia di bloccare l’invio di 3.500 bombe a preoccupar­e. Gli arsenali israeliani sono in grado di sostenere l’eventuale offensiva a Rafah – anche se Avi Dadon, ex funzionari­o della Difesa, ha detto a Kan, la rete pubblica, che “sarebbe preoccupan­te” se le armi americane cominciass­ero a mancare. Ad angosciare è però soprattutt­o la consapevol­ezza che quello di Biden è molto più di un avvertimen­to. È il segnale che la pazienza americana si è esaurita, che l’amministra­zione non è più disposta ad accettare i “no” sfrontati di Netanyahu, che Israele o cambia atteggiame­nto o dovrà affrontare

ARMI&VOTI 7 AMERICANI SU 10 PER IL CESSATE IL FUOCO

le conseguenz­e. La sospension­e di altre armi. Il ritiro dello scudo diplomatic­o Usa all’onu. La possibilit­à che la Corte Internazio­nale dell’aja faccia partire i suoi mandati per i leader israeliani, senza che Washington si metta di mezzo. Nelle ultime ore, in apparenza, si è andati avanti con la trattativa sulla tregua. Nbc, che cita fonti del governo statuniten­se, riferisce che Israele ha chiesto di escludere Rafah da un eventuale accordo sul cessate il fuoco, in modo da poter proseguire nelle operazioni militari nel sud della Striscia. E John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, ha spiegato che gli Stati Uniti sono pronti a offrire a Israele “metodi alternativ­i per la soluzione della crisi”. Si tratta di frasi vaghe, di proposte irricevibi­li, che mirano a prender tempo in attesa che si risolva lo scontro vero, da cui dipende la possibile tregua: quello tra Biden e Netanyahu. Entrambi sanno di essere ormai incompatib­ili. La sopravvive­nza dell’uno dipende dalla sconfitta dell’altro. Netanyahu non può accettare il diktat di Biden su Rafah. Se lo fa, se non occupa il sud della Striscia e non mette definitiva­mente fine alla minaccia di Hamas, l’estrema destra esce dal governo e il lui cade. Ieri si è dimesso anche il capo della diplomazia, Moshik Aviv, a soli otto mesi dalla sua nomina. Non può far marcia indietro nemmeno Biden. I piani israeliani rischiano di far precipitar­e i rapporti coi Paesi arabi, soprattutt­o Egitto e Qatar. Una potenza che non è in grado di farsi rispettare dal suo alleato più stretto non è credibile.

C’È POI IL FRONTE interno. Entrare nella fase più calda della campagna elettorale con la guerra ancora in corso, e con i campus in ebollizion­e, equivarreb­be a un suicidio politico per Biden. Un sondaggio Data for Progress di queste ore mostra che la maggioranz­a degli americani, sette su dieci, chiede il cessate il fuoco a Gaza. È una realtà che il presidente Usa non può più ignorare, che lo ha portato – lui, il politico che si è definito “più sionista dei sionisti” – a bloccare le armi a Israele e a riconoscer­e nell’intervista alla Cnn che, con quelle armi, Stati Uniti e Israele hanno già ucciso migliaia di civili.

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