Fq Millennium, l’ue al voto: poca trasparenza, tante ingerenze
Si moltiplicano gli appelli perché i cittadini vadano a votare alle Europee dell’8 e 9 giugno, l’ultimo per voce del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma quanto pesa davvero la nostra preferenza? A Bruxelles chi prende davvero le decisioni che contano? Lo racconta su FQ Millennium, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da domani, un lungo articolo di Ivo Caizzi, per vent’anni inviato a Bruxelles per il Corriere della Sera. Attraverso aneddoti e retroscena, Caizzi racconta perché i poteri del Parlamento europeo restino così limitati, mentre sono i governi nazionali a dettare la linea. Il nostro segno sulla scheda “un po’ conta, ma non abbastanza”. Contano più le elezioni nazionali, che determinano “quale governo rappresenterà l’italia a Bruxelles”. L’effetto collaterale è una scarsa trasparenza su come, perché e nell’interesse di chi vengono fatte scelte che impattano sulla vita di 450 milioni di cittadini: le trattative fra i Paesi membri sono riservate e non lasciano resoconti scritti, come avviene invece per le discussioni parlamentari.
Ma quanto è davvero europeista l’italia, al di là dei proclami? Intervistato da Roberto Casalini, lo spiega lo storico Antonio Varsori, autore del saggio Storia della costruzione europea dal 1947 a oggi (Il Mulino). Da fondatori – anche un po’ visionari – dell’europa unita, siamo passati negli anni alla scomoda posizione di “sorvegliati speciali”, per via dei conti pubblici disastrati. Comunque il vero impulso all’unione, ricorda il professore, venne dagli Stati Uniti, anche in chiave anti-sovietica, e la leadership reale è stata sempre una faccenda fra tedeschi e francesi.
A chi invece predilige l’approccio utilitaristico, farà piacere sapere che dopo il Covid, grazie soprattutto ai fondi del Next Generation Eu, l’italia è tornata in attivo nel suo dare-avere con Bruxelles: nel 2022 ha ricevuto dall’ue fondi per 37 miliardi di euro, a fronte dei 19,5 che ha versato alle casse comunitarie.