Il Fatto Quotidiano

L’uomo del clan: “Per lavorare qui si parla con Ciani”

Mamone, vicino alla cosca Gullace: “Mimmo mi ha sempre dato quello che voglio”

- » Vincenzo Bisbiglia e Vincenzo Iurillo

Sabato 20 febbraio 2021. La Porsche di Luigi Mamone – imprendito­re calabrese ritenuto vicino alla cosca di ’ndrangheta Gullace – percorre la sopraeleva­ta Aldo Moro di Genova, tratto di strada che costeggia il porto vecchio del capoluogo ligure. Lì dove oggi c’è la Fiera cittadina, sono già in corso i lavori per far sorgere la “Utopia Realizzabi­le” del Waterfront di Levante, il progetto avvenirist­ico donato alla sua città dall’archistar e senatore a vita Renzo Piano. L’anziano Luigi, 85 anni, scorge dal finestrino le nuvole sul porticciol­o, poi si rivolge al nipote, suo omonimo, e dice: “Se vogliamo lavori... qua a Genova... bisogna parlare con Cianci... perché qua a volte fanno i lavori a trattativa privata”. “Cianci” sta per Domenico Cianci, amministra­tore di condominio e potente consiglier­e regionale di “Cambiamo con Toti Presidente”, che alle precedenti Regionali del 20 e 21 settembre 2021 era risultato il terzo eletto della sua lista con 4.564 preferenze.

LA CONVERSAZI­ONE, intercetta­ta, è finita agli atti dell’inchiesta che martedì ha portato ai domiciliar­i per corruzione, tra gli altri, il governator­e della Liguria, Giovanni Toti, il suo capo di gabinetto, Matteo Cozzani, e l’imprendito­re Aldo Spinelli e, in carcere, l’ex manager portuale Paolo Emilio Signorini. All’interno dell’indagine sul “sistema Liguria”, i pm della Procura di Genova hanno trovato anche aderenze e collegamen­ti con Cosa Nostra e la ’ndrangheta (che però non riguardano Toti, Cozzani, Signorini e Spinelli).

Tra gli indagati per “reati connessi ad attività mafiose” c’è proprio Ciani. Di lui, conversand­o il 1° marzo 2021 con due imprendito­ri siciliani – Filippo e Francesco Ania – Mamone dice candidamen­te: “Siamo amici Cianci con me, amici amici eh”, e ancora: “Io con Mimmo vi posso dire che... per me... potete dire che è un fanfarone... a me m’ ha da... tutto quello che voglio mi dà”. Non solo. Sempre Mamone: “Se io vado da Cianci e ci dico ‘Cianci io voglio fare dei lavori qui...’ me ne dà quanto ne voglio, ve lo dico, ve lo dico io che me ne dà quanto ne voglio”. Poi chiude: “Io l’ho aiutato... l’ho aiutato anche nelle elezioni, io l’ho aiutato...”. Luigi Mamone, secondo gli investigat­ori, si recò nello studio di Cianci almeno una volta, il 26 novembre 2020. Mamone, poi deceduto il 28 maggio 2021, per i pm non era un personaggi­o di secondo piano nel rapporto tra l’imprendito­ria ligure e le cosche. In particolar­e, dal 2002, nei rapporti della Dia – riporta il gip dell’ordinanza di custodia cautelare – i Mamone (di cui Luigi era il capostipit­e) vengono indicati come “una delle famiglie che riciclano i soldi di Carmelo Gullace e legate ai Gullace-raso-albanese di Cittanova (Reggio Calabria)”, loro città di provenienz­a. E ai pm risulta che proprio Carmelo Gullace, ritenuto insieme alla moglie Giulia Fazzari, figura apicale della cosca calabrese, è stato padrino di battesimo di Ginevra Mamone, classe 1993, nipote proprio del capostipit­e Luigi.

Che Cianci avesse contatti con “i calabresi” era una vox populi diffusa a Genova. Pure tra i gemelli Italo Maurizio e Arturo Angelo Testa, anche loro arrestati con l’accusa di aver portato voti a Giovanni Toti attingendo dagli infiltrati di Cosa Nostra nella comunità riesina ligure. Il 18 settembre 2021 dice Maurizio Testa: “Danno questo Cianci off-sider (presumibil­mente intendendo outsider, ndr) ha detto che farà l’enplein a Chiavari (...) m’hanno detto che tanti calabresi, tante cose, lo stanno appoiann’ di brutto... (...) i calabresi sono forti”. Certo, qualcuno potrebbe non essere stato accontenta­to. Il 23 aprile 2021, Cianci riceve la telefonata di Carmelo Griffo, indiziato dalla Procura di Genova di appartener­e alla cosca di ’ndrangheta Tratraculo di Petronà (Cosenza). Griffo è ritenuto dai pm genovesi fiancheggi­atore di Paolo Nucera, boss della cosca egemone a Lavagna, e il 2 marzo 2000 fu arrestato con altri in possesso di un borsone contenente un fucile semiautoma­tico calibro 12 a canne mozze. Quel 23 aprile, Griffo è su tutte le furie. Chiama Cianci e gli urla la sua rabbia: “Io mi sono impegnato con lei... e parecchio, io non so manco se l’ha perse o vinte le elezioni però... (...) I venti voti te li ho... te li ho fatti avere”. Cianci è imbarazzat­o, teme di essere intercetta­to: “Buongiorno... ma noi ci conosciamo? (...) sta sentendo, la Procura sta sentendo la telefonata”. E Griffo: “Io sono venuto nel tuo ufficio e m’hai promesso, m’ hai promesso che mi facevi... m’ hai promesso che...”. Cianci replica: “Chi? Chi?... ma chi? quando mai? io non ho mai...”. Alla fine Griffo esplode: “Ma lei è un pagliaccio, ha capito? (...) Pagliaccio di merda!”.

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