Il Fatto Quotidiano

Balneari irritati: settore nel caos, ma Meloni rinvia dopo il voto Ue

- LEONARDO BISON

La questione è seria, urgente, quindi ne parliamo tra un mese. Questa è la bizzarra reazione di Palazzo Chigi all’ennesima sentenza del Consiglio di Stato che ha ribadito che, in base al diritto Ue, le concession­i balneari devono andare a gara, subito. Il tavolo tecnico – aperto alle Regioni, al Demanio e ai vari ministeri (ma non alle associazio­ni di categoria) – è previsto infatti per il prossimo 12 giugno, subito dopo le Europee. Una tempistica che sta erodendo la fiducia che i balneari ancora nutrono nel governo che ha promesso loro che li salverà dalle gare. Come? La solita trattativa con l’ue, che però ha bocciato la mappatura delle coste presentata dall’italia per dimostrare che di spiagge libere ce n’è anche troppe e probabilme­nte boccerà la seconda a cui lavorano Meloni e soci. “Hanno anteposto le esigenze elettorali a quelle della categoria e del Paese” dice Antonio Capacchion­e, presidente del Sib-confcommer­cio: “Sono gravi ed evidenti a tutti le responsabi­lità politiche per le possibili conseguenz­e” sul settore “a stagione già iniziata”. Il sindacato balneari sta valutando iniziative plateali, anche la chiusura degli stabilimen­ti. Non se la passano meglio i Comuni. Sono in stallo quelli che hanno già avviato le gare (ma senza i criteri nazionali che il governo non ha fornito) e dovranno chiuderle dopo l’estate. Sono nel caos quelli che hanno prorogato le concession­i sperando in Palazzo Chigi: l’associazio­ne Mare Libero li sta diffidando a uno a uno gli stabilimen­ti non più autorizzat­i, scrivono, devono essere rimossi. Come succede da mesi, ogni sindaco prova a cavarsela da solo. Intanto il governo si prende un mese.

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