Gazzetta, la “onlus” che fa arrivare due milioni di contributi
Alla periferia del nostro piccolo mondo di carta stampata, la vicenda della Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano di Bari, diffuso (sempre meno) in Puglia e Basilicata, rappresenta quello che in inglese si chiama un case history: vale a dire un caso di scuola, da analizzare e approfondire. E assume un rilievo nazionale nel disastrato panorama dell’editoria italiana. Un paradigma di come i giornali – quando finiscono nelle mani di editori “impuri”, con interessi e affari in altri campi – rischiano di diventare strumenti di potere, smarrendo la loro funzione al servizio dei cittadini.
Accade così che un quotidiano con 137 anni di storia alle spalle venga trasformato improvvisamente in una onlus, cioè un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale, come Il Fatto aveva anticipato il 5 marzo scorso riferendo un’interrogazione parlamentare del verde Angelo Bonelli
(Avs). Attraverso questa trasfigurazione, l’azienda che pubblica la Gazzetta – perdendo circa 300 mila euro al mese – potrà essere equiparata a una cooperativa e accedere ai finanziamenti pubblici per l’editoria: si parla di 2milioni di euro l’anno per un giornale che ormai vende meno di 5 mila copie e non detiene più il primato sul mercato regionale. La onlus dominata
“Cultura e Mezzogiorno”, una srl – impresa sociale con un capitale di
10 mila euro “senza scopo di lucro”, ha sede nello stesso palazzo dove la società editrice Edime mantiene ancora gli uffici amministrativi e quelli della concessionaria pubblicitaria, in corso Vittorio Emanuele II, 193 – Bari. Ma, soprattutto, i soci sono gli stessi due “padroncini” che avevano rilevato la testata dal fallimento della gestione precedente: Vito Miccolis e Antonio Albanese, il primo opera nel settore dei trasporti extraurbani e il secondo in quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Fra le varie finalità di questa onlus, elencate nello statuto, rientra “la tutela del patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico”. Si dà il caso, però, che Albanese sia anche amministratore unico della “Lutum srl”, titolare dell’ex discarica Vergine, contro la riapertura della quale si batte da anni l’associazione ecologista “Attiva Lizzano”. Condannato nel 2021 per un reato ambientale a tre mesi di reclusione convertiti in una pena pecuniaria, il “re dei rifiuti” è sotto processo per altre vicende analoghe ed è assistito dall’avvocato Michele Laforgia: un penalista di fama che è stato candidato sindaco nelle prossime Comunali per il M5S, e definito da Giuseppe Conte “serio e rigoroso”, dopo la rottura con il Pd locale in seguito alle inchieste per voto di scambio e corruzione a carico di esponenti della giunta guidata da Antonio Decaro.
Ora sappiamo tutti che a un legale, nella sua attività, può capitare di difendere anche Al Capone. Ma il rapporto professionale con il co-editore della testata barese rischia di avvantaggiare Laforgia sul piano mediatico della visibilità rispetto agli altri candidati. In passato, lo stesso avvocato aveva collaborato con la Gazzetta firmando editoriali di carattere giuridico o politico pubblicati in prima pagina.
Non c’è dubbio che Laforgia, in caso di elezione a sindaco, dovrebbe lasciare la difesa di Albanese per un’elementare ragione di opportunità. Vedremo nel frattempo come si comporterà il giornale-onlus nei suoi confronti. Nella competizione per le Europee, intanto, il direttore del quotidiano La Notizia, Gaetano Pedullà, s’è dimesso per candidarsi con i Cinquestelle nella circoscrizione Nord-ovest.
INTERESSI IL “RE DEI RIFIUTI” LOCALE CAMBIA LA PROPRIETÀ IN UN ENTE SENZA SCOPO DI LUCRO