“Chi indossi?” Oggi il look è un messaggio, anche politico
”CHI STAI indossando?”. È la domanda più inflazionata sui red carpet, quella che ha trasformato i tappeti rossi degli eventi mondani internazionali in ring in cui i brand si contendono i riflettori e le “menzioni”. Sì, perché gli abiti indossati dalle celebrity non sono più solo un esercizio di stile, ma diventano strumenti di narrazione. Le star utilizzano i loro look per trasmettere messaggi politici, sociali o ecologici; e i brand, dal canto loro, per accreditarsi tra il grande pubblico. Un business milionario che ha avuto inizio negli anni 50 con il connubio tra moda e grandi eventi, sancito da Audrey Hepburn e Givenchy. Fino ad allora–parliamo degli anni Trenta e Quaranta – gli attori indossavano le creazioni degli anonimi costumisti dei set. Quindi la svolta negli anni 90, quando grazie a Giorgio Armani le star hanno iniziato a collaborare con gli stilisti per i loro look da red carpet, dando vita a un vero e proprio sistema che si è esteso anche al mondo della musica. Le maison investono budget considerevoli per vestire da capo a piedi le star, che sia per un red carpet, un tour musicale o qualsivoglia altro evento mondano poco importa: ottengono sempre un ritorno di immagine e di vendite considerevole. Sì, perché un abito indossato sul red carpet può generare milioni di dollari in “Media Impact Value”, la misurazione brevettata che calcola il valore monetario di ogni menzione sui media, e – soprattutto – fa breccia direttamente nel cuore dei giovani della Gen Z, la fascia di clienti più ambita dai brand. Così si è arrivati a un fenomeno ribattezzato “method dressing”, con le attrici vestite letteralmente come si vestirebbe il personaggio che interpretano nel film del momento. Zendaya con Dune e Challengers o Margot Robbie con Barbie ne sono esempi lampanti, ma anche i look di Taylor Swift e Beyoncé nei loro ultimi concerti.