Lui “non parla mai” ma fa tanto rumore...
SIl premio Nobel è accusato di stare zitto sul Regime di Pechino, in realtà affronta i vari temi
orgo rosso – romanzo del 1986 da cui due anni dopo Zhang Yimou trae l’omonimo film vincitore dell’orso d’oro a Berlino – approda in traduzione italiana solo nel 1994. È il romanzo che impone il cinese Mo Yan sulla scena internazionale. Sullo sfondo di sconfinati campi di cereali si dipana un affresco familiare che coincide con uno dei momenti più cruenti della storia nazionale: la resistenza contro l’invasione del Giappone tra gli anni 30 e 40. Anche in virtù di questo capolavoro i giurati di Stoccolma scelgono di premiarlo nel 2012. Secondo cinese dopo Gao Xingjian – transfuga a Parigi e severo critico del Partito comunista – laureato nel 2000. Un Nobel che tuttavia non ha tacitato i detrattori. Mo Yan è un autore controverso, spesso bersaglio di critiche per la sua manifesta vicinanza al governo di Pechino. Nel 2009 ha abbandonato la Fiera di Francoforte proprio per la presenza di alcuni autori dissidenti in esilio. Una delle traduttrici dell’autore, Patrizia Liberati, ha dichiarato: “Riuscire a stare all’interno di un sistema e insieme essere in grado di criticare è uno degli esercizi più difficili e intelligenti.” Lui stesso si è difeso obiettando che “la censura non è solo un male, costringe gli scrittori ad arrangiarsi.” Mo Yan è un nom de plume che significa “Colui che non vuole parlare.” Guan Moye, questa la vera identità, ha scelto però di parlare, sia pure con accortezza. A mettere in fila le sue opere esce un ritratto della Cina di ieri e di oggi che non equivale certo a un paradiso sulla terra. Gli otto titoli pubblicati da
Einaudi dal 2002 al 2019 ne sono una controprova. Il migliaio di pagine di Grande seno, fianchi larghi è un’epopea dei vinti dalla società feudale degli anni 30 al capitalismo di Stato di oggi. Una scena valga per tutte: la madre che ruba i cereali nell’azienda per la quale lavora ingerendoli per non farsi scoprire e che li vomita a casa in una poltiglia per dare da mangiare ai figli. Il supplizio del legno di sandalo ha per protagonista un ex attore che nella
Cina del 1900 si ritrova a capeggiare un gruppi di ribelli contro i soldati tedeschi che espropriano terre ai contadini per la costruzione di una ferrovia. Romanzo che culmina con una lunga e minuziosa descrizione di torture, radiografia della violenza del potere.
In Le rane una dottoressa prima aiuta le donne a far nascere i propri figli e dopo l’entrata in vigore della legge del figlio unico procura duemila aborti. Evidente j’accuse contro la politica di pianificazione famigliare. Le canzoni dell’aglio descrive la ribellione di contadini ridotti alla fame dalla corruzione dei funzionari di Partito. In Il Paese dell’alcol si serve nei ristoranti carne di neonato. Parte un’indagine per mettere fine allo scempio. Qui il cannibalismo serve a Mo Yan per denunciare una società cinese dove benessere e sete di denaro portano a soddisfare i propri egoismi al punto di trasformare i propri figli in carne da macello. Una scrittura, in bilico tra realismo magico e tradizione orale, che non si risparmia dunque nel mostrare le ingiustizie. Eco di una formazione che lo vede nascere nel 1955 in una famiglia contadina, costretto durante la Rivoluzione culturale a lasciare la scuola per la fabbrica per poi coltivare la vocazione letteraria una volta impiegato nel dipartimento culturale dell’esercito. Mo Yan torna in libreria, sempre per Einaudi, con Maturare tardi: dozzina di racconti ambientati proprio nel microcosmo di Gaomi, sua città natale. Qui si mette in scena con autoironia, personaggio tra i personaggi, e vittima ricorrente di prese in giro. La Cina ancora una volta è svelata nei suoi retaggi più ancestrali. In Labbra rosse e Bocca verde una studentessa incita gli altri alunni a picchiare a morte la loro giovane insegnante perché i genitori riconosciuti come antirivoluzionari dalle Guardie rosse; in Il falcetto da mancino un vecchio fabbro taglia senza pietà la mano di suo figlio per dimostrare la sua lealtà al governo, avverso ai mancini. In Maturare tardi un suo amico d’infanzia non esita a vendere ai turisti edizioni pirata dei suoi libri per arricchirsi. Ecco, maturare tardi è la parabola dello stesso scrittore cinese: una persona che in giovane età nasconde i suoi talenti e che brilla nella seconda metà della sua vita.